Sony A9. Parte 2/3 La resa ad altissimi ISO…con un piccolo espediente…

Durante la mia recente settimana veneziana ho potuto provare la A9. Ho già descritto la prima parte delle mie prova dedicata a AF e raffica, adesso vi racconto come è andato il test ad altissimi ISO.

La Sony A9 ha un range ISO compreso tra 100 e 51200 e un range “esteso” compreso tra ISO 50 e ISO 204.800.

Si legge normalmente che le sensibilità massime veramente usabili siano intorno ai 12.800 al massimo e con difficoltà 25.600. Io ho però voluto provare anche sensibilità più alte, comprese tra 51.200 e addirittura 102.400. Vedremo che lavorando in RAW e usando una particolare accortezza è possibile ottenere immagini che ovviamente mostrano un po’ di grana e una certa perdita di dettaglio, ma sono comunque usabili per il Web e per stampe fino al formato A3 in quelle situazioni in cui l’alternativa è …non scattare e perdere così del tutto l’opportunità che si era offerta.

Prima di inizare voglio darvi due informazioni:

  1. Le immagini che posto di seguito partono da ISO 16.000 e vanno fino a 102.400 non necessariamente in ordine di ISO
  2. hanno il lato lungo di 1600 pixel che potrete vedere cliccando sull’immagine stessa.
  3. Sono state scattate in RAW e sviluppate in Lightroom con i parametri base e un valore di NR cioè riduzione del rumore molto contenuto e compreso tra 10 e 25
  4. E’ stato usato il Sigma Art 24-35mm f/2 che a mio parere è uno dei migliori di tutta la serie ART e ha una resa sensazionale. Presto gli dedicherò un test, se lo merita 😉
  5. Avrei potuto fare un test nel mio studio, ma penso che sia molto più utile vedere come la macchina si comporta “sul campo”

Partiamo dunque con una serie di immagini, tutte scattate in notturna:

One more time…cliccate per vederle a 1600 pixel 😉 (esclusi i crop)

 

ISO 16.000

Adesso passiamo subito a un ‘immagine con ISO 102,400. Ho lasciato di proposito la riduzione del rumore bassa in modo mostrare come effettivamente appare

ISO 102.400

 

Qui di seguito vedete un crop al 100%, di nuovo con NR limitatissimo. E’ chiaro che si può aumentare il NR per ridurre la grana in cambio di una perdita di dettaglio comunque limitata.

 

ISO 102.400 – Crop 100%

Vediamo un’altra immagine a 102,400 ISO

 

ISO 102,400

Sull’immagine qui sopra si potrebbe inserire un livello con un NR più energico sulla parte del cielo, ma non l’ho fatto affinché si vedesse meglio l’immagine naturale.

Vediamo adesso due immagini quasi-uguali scattate rispettivamente a 102,400 ISO e a 10,000 ISO

 

 

ISO 102,400

Si può notare il fatto che nonostante gli ISO “stratosferici” l’immagine sia ancora usabile. Il pannello sullo sfondo risulta ancora leggibile il che dimostra come i dettagli siano ancora in larga misura integri a 102,400 ISO

 

ISO 10,000

Notiamo anche l’estrema pulizia dell’immagine a 10,000 ISO, veramente sorprendente!

 

 

ISO 51,200

 

ISO 64,000

 

L’immagine successiva ha bisogno di una introduzione: mi trovavo in condizioni di buio quasi totale, sapevo che c’era un murale su quella parete, ma quasi non lo vedevo. Grazie al mirino elettronico ho potuto invece vederlo bene, mettere a fuoco manualmente con comodità e ottenere l’immagine che per me è forse quella più sorprendente di tutto questo articolo: dal buio completo a un’immagine usabilissima, a 102,400 ISO!

ISO 102,400

 

ISO 102,400

 

ISO 102,400 Crop 1:1 NR minimo

 

ISO 12,400 – Lavorazione sul lato destro per far apparire palazzo illuminato

 

Dopo questa dimostrazione di forza 😉 voglio però pubblicare alcune foto ottenute a ISO più “normali” dove si può meglio apprezzare la grande qualità di questi files della A9

ISO 10,000

 

 

ISO 5,000

 

 

ISO 1,600

 

 

ISO 3,200

 

 

ISO 2,500

 

CONCLUSIONI:

La A9 ha dimostrato che, in caso di necessità, è in grado di produrre immagini utilizzabili anche a ISO molto alti, fino a 102,400.

Il test è stato condotto in condizioni pratiche e conferma comunque i risultati ottenuti in laboratorio dai vari siti specializzati.

…ed ora l’espediente segreto 😉

La A9 come molte macchine digitali, ad altissimi ISO ha la tendenza a produrre ombre profonde che tendono verso il magenta il che conferisce alle immagini stesse una percezione di bassa qualità. Per eliminare questo effetto si ottengono ottimi risultati operando la correzione delle ombre in Lightroom, come vedete nel pannello seguente:

 

 

L’intensità dell’intervento dipende da caso a caso. A volte c’è un “bleeding” anche verso zone con luminanza più alta e in questo caso si dovrà compensare aumentando il valore Tint della WB.

Si tratta di un metodo semplice e veloce che rialza di molto la qualità delle immagini ad altissimi ISO.

Un ulteriore intervento sarà quello di “chiudere” bene le ombre profonde che tendono a sgranare e a dare risultati anti-estetici. Si otterrà l’effetto desiderato tramite il cursore “Blacks”, anche qui eventualmente compensando con “Shadows” nella direzione opposta.

La combinazione della chiusura dei Blacks e della correzione cromatica delle Ombre assicura un’estensione notevole nel range ISO utilizzabile.

 

 

 

Sigma annuncia 9 lenti per Sony FE… ci sono good news/bad news

Sigma ha annunciato che introdurrà “gradualmente” 9 nuovi obiettivi per Sony FE. L’annuncio originale è qui

Si tratta di 7 obiettivi già esistenti più i due annunciati ieri.

I 9 obiettivi sono:

  • 14mm F1.8 DG HSM | Art
  • 20mm F1.4 DG HSM | Art
  • 24mm F1.4 DG HSM | Art
  • 35mm F1.4 DG HSM | Art
  • 50mm F1.4 DG HSM | Art
  • 70mm F2.8 DG Macro | Art (nuovo)
  • 85mm F1.4 DG HSM | Art
  • 105mm F1.4 DG HSM | Art (nuovo)
  • 135mm F1.8 DG HSM | Art

L’annuncio spiega in dettaglio come si svilupperà l’offerta.

Gli aspetti principali che notiamo sono:

  1. Lo schema ottico resterà invariato…e questa secondo me non è una buona notizia. Speravamo tutti che Sigma producesse delle vere lenti mirrorless sfruttando il tiraggio bassissimo delle Sony FE. Invece sarà lo stessa schema ottico il che vuol dire che dovranno aggiungere un “tubone” per ripristinare il tiraggio delle lenti nate per le reflex. E’ veramente un’occasione sprecata che ridurrà di molto l’attrattiva di queste lenti sugli utenti Sigma. Infatti il confronto dimensionale tra questi Sigma Art FE e i Sony FE sarà impietoso.
  2. L’AF verrà invece completamente ri-adattato per sfruttare le altissime prestazioni del sistema AF ibrido (e cioè PDAF + CDAF) delle Sony FE. verranno totalmente superate le limitazioni che si riscontrano oggi nell’uso dell’attacco Canon accoppiato all’adattatore MC-11 che in effetti sono tali e tante da renderlo inservibile in modalità AF-C e utilizzabile, ma con molte limitazioni, in AF-S.
  3. Verrà mantenuta la stabilizzazione IBIS cioè del sensore, otre a quella della lente quando presente. Ottima notizia ma avveniva già con l’MC-11
  4. Dati nativi per la correzione delle aberrazioni saranno caricati sulle lenti in modo da rendere possibile la correzione in-camera e, aggiungo io, in Lightroom che legge questi dati e li applica in modo nativo.
  5. Possibile conversione degli obiettivi nati con attacchi diversi. Non è chiaro se questo si applicherà a tutte le lenti Sigma Art oppure solo a queste 9. In ogni caso non sempre la conversione è vantaggiosa dal punto di vista economico. Spesso è consigliabile vendere l’obiettivo e comprarne uno nuovo col nuovo attacco desiderato.
  6. Gli algoritmi dell’AF non sono stati ottenuti da Sigma tramite retro-engineering, ma tramite un vero e proprio accordo commerciale con Sony!!!! “Note: This product is developed, manufactured and sold based on the specifications of E-mount which was disclosed by Sony Corporation under the license agreement with Sony Corporation.” Questo aspetto ha conseguenza enormi per il futuro delle mirrorless, infatti vuol dire che
  •  l’AF di questi Sigma funzionerà bene esattamente come con i Sony
  • Sony è convinta di guadagnare dalla disponibilità delle lenti Sigma FE, la sua politica di “open-source” per così dire è l’esatto opposto di quella di Nikon e darà i suoi frutti!
  • I Sigma per ML Sony funzioneranno presumibilmente meglio dei Sigma per ML Nikon quando ci saranno, a meno che Nikon non cambi la sua politica

Conclusioni preliminari:

  • La disponibilità di obiettivi Sigma FE è sicuramente una buona notizia anche per calmierare i prezzi dei Sony FE notoriamente piuttosto alti
  • E’ però un’occasione perduta per rivedere il progetto ottico in chiave mirrorless. L’approccio seguito da Samyang in questo senso appare molto più coraggioso. Mi stupisce questa scelta conservativa di Sigma. Forse dopo questi anni aggressivi e all’avanguardia tecnologica è arrivato il momento di tirare i remi in barca
  • La mia sensazione è che comunque si tratterà di obiettivi estremamente usabili sulle Sony FE e dotati di alte prestazioni, aldilà delle dimensioni e pesi che saranno evidentemente al di sopra degli equivalenti Sony FE
  • Speriamo di vedere presto anche gli zoom, in particolare il fantastico 24-35mm f/2 che non ha equivalenti Sony né di nessuna marca
  • La disponibilità dei Sigma FE aumenterà ancora di più l’interesse del pubblico per le Sony ML…che è poi il motivo per cui Sony ha concesso a Sigma l’uso del suo software AF originale

 

La fine delle Reflex e l’avvento delle Mirrorless

Non è colpa di Sony. In realtà Nikon con la sua piccola meraviglia tecnologica (per l’epoca) e cioè la V1 aveva marcato un importante passo verso le mirrorless, ma poi è venuta la decisione di difendere a oltranza il giardinetto di casa e cioè le Reflex e di fermare lo sviluppo delle ML.

Non fu una decisione felice e Nikon ha rischiato l’estinzione. Per ora si è salvata con la bellissima e tristemente obsoleta D850, ma non potrà sbagliare il prossimo passo.A proposito, la V1 ce l’ho ancora e la uso ancora … a differenza di tanti che all’epoca ne dissero meraviglie per poi venderla senza nessuna pietà 😳  povera!

E Canon? in realtà Canon ha seguito un cammino più logico lanciando sul mercato le sue ML APS (M3, M5, M6 e M100), macchine prive di vero contenuto innovativo, ma sufficienti per mettere il piedino nell’acqua della piscina e per vendere comunque un numero molto-molto interessante di esemplari!

Trovo interessante il gioco di equilibrismo di Canon sul suo microsito delle ML:  La paura di perdere il vantaggio delle Reflex traspare in modo evidente

 

 

Ma torniamo a noi. Oggi la Sony A7RIII è una macchina finalmente “rotonda” e priva di quegli spigoli immaturi che aveva la A7Mk1 e in una certa misura anche la A7mk2 (R, liscia e S). La A9 rappresenta un ulteriore balzo in avanti, ne sto parlando qua.

Presenta ancora qualche lato immaturo, come era successo alle prime A7. E’ una cosa logica e Sony ha dimostrato di saper migliorare in modo significativo a ogni iterazione delle sue ML. La A9 Mk2 sarà prevedibilmente “matura”.

Invece Nikon si è fatta sorprendere in grande ritardo. Io non credo che la prima versione della sua ML potrà essere priva dei difetti naturali delle prime versioni di qualsiasi cosa…Nikon dovrà percorrere lo stesso lungo cammino che ha compiuto Sony. Certo, potrà copiare molto di ciò che non è brevettato, ma la strada sarà comunque lunga.

Questa situazione di evidente ritardo  e obsolescenza tecnologica ha creato un grande senso di disagio nei più fedeli utenti Nikon (vogliamo chiamarli fanboys?). Per loro il nome Sony crea un istantaneo attacco di bile  e una reazione che non ci si aspetterebbe da maturi signori di mezz’età.

Non parlo chiaramente della maggioranza dei nikonisti che non ha nessun pregiudizio (anzi in molti stanno passando a Sony!), ma alla ristretta cerchia degli irriducibili. Per noi nuovi Sonysti è tutto sommato divertente…un sorrisino e via a scattare con le nostre belle ML!

In realtà tutti i grandi passaggi tecnologici hanno creato grosse difficoltà a chi non si è adeguato, difficoltà proprio psicologiche. Tra i tanti esempi mi piace ricordarne uno che rientra nell’ambito di una delle mie passioni e cioè le automobili da corsa.

Parlo delle Formula 1 degli anni 60 quando ci fu l’epocale passaggio dal motore anteriore al motore posteriore posto in posizione “centrale” e cioè tra l’asse posteriore e la cabina del pilota. La Ferrari cercò di opporsi per anni a questa innovazione. Sono rimaste famose le parole di Enzo Ferrari: “non si deve mettere il carro davanti ai buoi”…che oggi ci fanno sorridere.

Ma lui non deve aver sorriso molto nel vedere le batoste che le agilissime Cooper e Lotus infliggevano ai suoi vecchi pachidermi (coi buoi davanti 🙂 ) che avevano sicuramente i migliori motori dell’epoca ma erano impossibili da guidare.

E’ interessante vedere un paio di foto dell’epoca di una Ferrari a motore anteriore e poi di una Cooper già a motore posteriore

 

Dopo il dominio iniziale delle Cooper, verranno le Brabham (Jack aveva corso proprio con una Cooper con cui aveva vinto due titoli mondiali prima di fondare la sua scuderia) e le Lotus. Le Ferrari si adegueranno e vivranno tra alterne vicende fino ai nostri giorni…con eccezione dell’epoca Schumacher/Brawn

Qui sotto il grande Farina guida la schiappona Ferrari 555F1, ancora a motore anteriore come si vede

 

 

Che differenza! vero?

Io trovo che il parallelo con le macchine fotografiche di oggi sia perfetto. Da un lato abbiamo le nuovi agili e scattanti ML con in testa la hyper-veloce A9 e dall’altra i vecchi pachidermi come la Nikon D5 e la Canon 1Dxmk2. Macchine bellissime a modo loro, con perfetti meccanismi che consentono allo specchio di sbatacchiare a 12-14 fps!! ma irrimediabilmente pesanti e inutilmente complesse.

In una parola: obsolete. Campioni di un’epoca che fu.


A proposito di shootout, non trovate stupenda questa locandina? Scarlett Johansson (la Vedova Nera) sembra molto determinata. In questo fotomontaggio usa una telecamera Canon, la vedrei bene con una A9 anche se le dimensioni minute non avrebbero lo stesso effetto 😉

 

La Sony A9. Parte 1/3: Autofocus e raffica. Analisi della PDAF

Eccomi di ritorno dalla mia settimana a Venezia con la A9! E’ ora di scrivere il nostro rapportino.

Ho pensato di dividere questa review in tre parti:

  1. Autofocus e Raffica
  2. Resa ad alti ISO
  3. Risoluzione effettiva della A9 vs A7RIII in condizioni pratiche e ad alti ISO

In questo articolo coprirò il punto 1. I punti 2 e 3 saranno affrontati nei prossimi due articoli

Sicuramente il nuovissimo AF e la raffica di 20 fps sono tra gli elementi che hanno attirato di più l’attenzione di utenti e media.

Tutto parte dalla nuova costruzione “stacked” cioè a strati, del sensore:

In pratica si può notare che

  • sotto all’area con i pixel del sensore vero e proprio (1)
  • c’è uno strato che comprende una memoria di buffer (2)
  • e un circuito di processo del segnale ad alta velocità (3) con le informazioni
  • che arrivano poi al processore di immagine Bionz X (4).

Questa costruzione a strati (stacked) rappresenta l’ultimissimo grido in fatto di sensori avanzati e consente di lavorare una mole enorme di dati in frazioni di secondo. Non è comunque la prima volta che Sony lo adotta, infatti c’era già nella pocket-sized Cyber-shot RX100 IV e sulla RX10 II bridge camera.

L’adozione dell’otturatore elettronico consente di scattare in scioltezza 20 fotografie al secondo (cioè i famosi 20 fps) senza difficoltà meccaniche.

L’altra innovazione consiste nell’altissima densità dei sensori di messa a fuoco: esistono infatti 693 sensori a rilevamento di fase chiamati di solito PDAF e cioè Phase Detection Auto Focus, oltre a 25 sensori a rilevamento di contrasto. La copertura garantita è impressionante, in pratica tutto il sensore è coperto da punti AF.

 

 

Molti si chiedono qual è la differenza tra la messa a fuoco a PDAF e CDAF e cioè tra rilevamento di fase e rilevamento di contrasto. La differenza sta nel diverso principio in cui lavorano.

  1. la PDAF opera una stima “a priori” della posizione di fuoco e porta l’obiettivo sulla posizione corrispondente e poi si ferma lì: si tratta cioè di un controllo di tipo “Feedforward” senza un controllo successivo. Il vantaggio è la velocità dell’operazione che è praticamente istantanea, ma lo svantaggio sta nella scarsa precisione, come nelle reflex che hanno bisogno di continue tarature, spesso insoddisfacenti.
  2. Il rilevamento di contrasto invece lavora per approssimazioni successive: porta l’obiettivo su un determinato punto, misura l’errore, fa una nuova correzione, misura di nuovo l’errore e così via fino a che l’errore residuo non sia inferiore a un valore predeterminato. Si parla di controllo “Feedback”. Il vantaggio è la precisione , il grave difetto è la lentezza, come nelle  reflex quando tentano di mettere a fuoco in Live-View e danno luogo a un continuo balletto avanti-indietro che si chiama “hunting”.

La differenza nel processo è schematizzata qui di seguito:

In sostanza un sistema feedback ha bisogno di un errore per poter generare un’azione correttiva, mentre il feedforward agisce a prescindere dall’errore, detta in modo molto approssimativo.

I sensori PDAF sono preferibili a quelli a contrasto, ma hanno il problema dell’errore residuo. Nel caso delle reflex l’errore residuo è dovuto al fatto che i sensori PDAF non sono situati sul sensore dell’immagine ma in una posizione prossima al mirino a cui i raggi luminosi arrivano dopo una serie di rimandi tramite vari specchi e prismi, che inevitabilmente hanno una certa tolleranza. Questo è il motivo per cui si deve ricorrere a una lunga e tediosa serie di tarature che non sono mai soddisfacenti, per esempio nel caso degli zoom la taratura per il lungo fuoco non è mai perfetta per il corto fuoco, oppure la taratura per una distanza breve non va bene per l’infinito e viceversa.

Tutto questo sulle mirrorless non c’è più. I sensori PDAF sono situati sulla superficie del sensore di immagine per cui non hanno bisogno di tarature…ma non è finita qui, infatti le nostre Sony “rifiniscono” il lavoro delle cellule PDAF con un rapidissimo e quasi istantaneo passaggio al rilevamento di contrasto per ottenere la precisione anche in condizioni critiche. Vedremo poi che non è “sempre” così…diciamo quasi sempre 😉

 

Ricapitoliamo le caratteristiche salienti dello scatto a raffica e dell’AF della Sony A9:

  • AF ibrido operante a 60 calcoli al secondo
  • 693 pixel di messa a fuoco PDAF per copertura pressoché totale dell’immagine + 25 sensori a contrasto
  • 20 scatti al secondo (20 fps) con AF tracking, ma solo con lenti abilitate, vedere qui
  • otturatore elettronico con scatto totalmente silenzioso
  • visione a mirino continua, non oscurata neppure durante i 20 fps
  • alla frequenza di 20 fps si possono scattare circa 250 foto in RAW compresso.
  • Tempo minimo di scatto pari a 1/32000 di secondo (otturatore elettronico)

Vediamo nella pratica come ha funzionato nel mio test.

Dato che ero a Venezia non potevo ritrarre auto da corsa o bufali inferociti (se escludiamo i turisti :mrgreen: ) per cui ho optato per i gabbiani in volo ripresi dalla Riva degli Schiavoni.  La velocità di un gabbiano in volo supera facilmente i 60 km/h, ma vicino alla riva ha scarti e cambi di direzone molto più imprevedibili, per esempio, di uno sport velocistico, per cui rappresenta una sfida più impegnativa di quanto possa sembrare.

Se esiste un problema legato alla raffica della A9 è che in pochi minuti si possono scattare varie migliaia di fotografie! Non è tanto un problema di memoria o di spazio di disco, ma del successivo tedioso lavoro di analisi delle immagini. Mi sono ritrovato in pochi minuti con 5000 foto!

I risultati sono stati ottimi, anche se con alcune limitazioni che vedremo in breve.

Modalità di messa a fuoco.

Le modalità sono molteplici e la stessa Sony ha ritenuto utile creare un riassuntino con le indicazioni di massima per ogni situazione che potete trovare qui. Si tratta di una guida veramente fatta bene, ma che dovrete poi adattare alla vostra pratica e al vostro modo di lavorare. Va presa come un punto di partenza.

Nel mio caso ho lavorato con queste modalità:

  • Focus Area Zone. Si sceglie una ampia zona del mirino e si lascia alla macchina il compito di capire qual è il nostro soggetto. Pro: lo fa molto bene. Contro: a volte ci sono 2 soggetti interessanti e la A9 può avere un’opinione diversa dalla vostra su quale sia quello più interessante 😉
  • Focus Area: Expand Flexible Spot. Con Lock-On (vuol dire che insegue il soggetto). Pro: ci consente di non preoccuparci di mantenere il soggetto dentro alla nostra area selezionata. Contro: a volte cambia il soggetto
  • Focus Area: Expand Flexible Spot, senza Lock-On. Pro; decidiamo noi. Contro: dobbiamo mantenere il soggetto dentro all’area selezionata e a volte è proprio difficile

 

Veniamo alle immagini. Ho lavorato col fantastico Sony 70-200mm f/2.8 usato sempre a TA e cioè a f/2.8

Ho scattato veramente molte raffiche…è impossibile non lasciarsi andare a questa mitraglietta…e i risultati sono stati sempre stellari. Posto qui di seguito il collage di una di queste raffiche costituita dalle seguenti 294 immagini.Delle ultime non si vede un granchè, ragion per cui troverete l’immagine ingrandita proprio dell’ultima più in basso.

 

 

L’AF non ha avuto un compito così facile come sembra perché ha dovuto evitare di mettere il fuoco sugli oggetti che man man venivano a trovarsi davanti o dietro al gabbiano.

Per poter apprezzare la qualità delle immagini posto la prima e l’ultima della serie, di questa in particolare posto un crop. Cliccate per vederle meglio entrambe.

 

 

Come detto, dell’ultima posto un crop visto che il gabbiano si era già allontanato, ma non per questo si è persa la nitidezza, come si può vedere:

 

 

Una buona parte di questo successo va ascritto all’obiettivo usato che è il Sony 70-200mm f/2.8 GM. Credo che sia uno dei migliori obiettivi di questo tipo sul mercato, sicuramente se la vede col Nikon equivalente, considerato anch’esso uno dei top. Posseggo questa lente da un mese e non mi sono ancora abituato a questi livelli di qualità 🙂  Conto di scrivere presto un nuovo articolo proprio su questo 70-200 GM qui su ultraSONY….compatibilmente coi miei impegni di lavoro per SlowPrint.

Aspetti negativi

  1. Stranamente, ogni tanto, nella raffica appare una foto leggermente sfuocata, sembra che l’AF nella raffica velocissima di 20 fps abbia ogni tanto un attimo di incertezza, ma si riprende subito nell’immagine successiva. Il “keep-rate” non è quindi il 100% ma l’altissimo numero di immagini consente comunque di avere un numero di keepers più alto di quanto si avrebbe per esempio con una Nikon D5 o una Canon DX1 nonostante queste abbiano forse una percentuale più alta…ma non di percentuali di pagnotte si ciba l’uomo bensì di numero di pagnotte 😉 
  2. C’è la famosa questione che durante lo svuotamento del buffer non è possibile accedere al Menu. Questo è un difetto secondo me molto marginale, ma è stato pubblicizzato dalla concorrenza. Effettivamente c’è e la cosa strana è che NON c’è sulla A7RIII che evidentemente gode dei benefici di un anno in più di giovinezza e quindi di sviluppi tecnologici. Sarebbe molto utile avere una scheda XQD per mantenere lo stesso buffer infinito della Nikon D5 o Canon equivalente. Sony però segue la sua strada e ho la sensazione che non vedremo la XQD neppure sulla A9 Mk2
  3. La A9 non possiede ancora un’uscita USB 3, questo per me è più importante della questione al punto 2. Di nuovo la A7RIII possiede addirittura un’uscita USB-C quindi compatibile con 3.1. Qui sicuramente vedremo un upgrade con la A9 Mk2.
  4. Il punto 4 non c’è…io non vedo altre limitazioni o difetti

 

Bene, direi che questa prima parte si può dire conclusa. Ovviamente è solo un primo assaggio, ma mi ha consentito di lavorare con un attrezzo che, pur avendo ancora qualche aspetto non completamente maturo, rappresenta l’ultimissima tecnologia mondiale disponibile in fatto di fotografia ed è sicuramente un’era davanti a qualsiasi Reflex.

Dopo aver passato una settimana con la A9 è quasi impossibile tornare a una Reflex. Certo le Reflex hanno rappresentato un’epoca meravigliosa della fotografia, ma oggi sono arrivate al termine della loro vita. E’ impossibile non sentire un po’ di nostalgia, non per le “Reflex” in sé naturalmente, ma per un pezzo della nostra vita che abbiamo vissuto con esse e che adesso è finito. E’ morto il Re, Viva il Re!

Presto pubblicherò anche la seconda e la terza parte sull’uso della A9, come preannunciato.

Grazie per avermi letto e ciao a tutti!

Le Sony A9 e ARIII partono per 4 giorni di carnevale a Venezia insieme a obiettivi GM e altri

Siamo in partenza per una 4 giorni di full immersion al Carnevale di Venezia. Ho appena ricevuto in prova la Sony A9 da Massimo Vinera, titolare di “Foto Massimo Vinera” e Virtual Foto, che ringrazio di cuore.

Sono curiosissimo di provarla insieme alle mie A7RIII e A7 mk1, oltre a questa serie di ottiche. E’ stato difficile selezionare, io le porterei tutte 😎 :

  • Sony FE 28mm f/2
  • Sony FE 85mm f/1.8
  • Sony FE 100mm f/2.8 STF GM
  • Sony 70-200 mm f/2.8 GM
  • Sigma Art 24-35mm f/2 con MC-11

Porterò anche due flash per i controluce diurni e non certo per le notturne dove gli alti ISO certo non spaventano nessuna delle Sony!

Ci sentiamo per gli update nei prossimi giorni. Per scaldarci un po’ intanto posto due foto fatte negli anni scorsi con la Sony A7mk1.

 

 

Avete aggiornato il firmware delle vostre lenti Sony E e FE?

Parlando con vari utenti Sony mi sono accorto che quasi nessuno è al corrente della possibilità di aggiornare il firmware dei loro obiettivi Sony E e FE.

Mentre gli aggiornamenti delle fotocamere sono ben conosciuti, invece i firmware degli obiettivi sembrano essere totalmente sconosciuti, eppure spesso sono altrettanto importanti per poter usufruire dei continui sviluppi prodotti da Sony. Senza l’aggiornamento degli obiettivi GM, per esempio, l’aggiornamento della Sony A9 è gravemente incompleto! 😯

Dunque, come si fa l’aggiornamento di un obiettivo Sony?

Per gli utenti italiani la pagina di riferimento sul sito Sony è questa

e ha questo aspetto:

 

 

Si deve dunque cliccare su Lenti e poi scegliere nel menu sottostante la lente che vogliamo aggiornare:

 

Clicchiamo per esempio sul 70-200 F/2.8 GM come nel mio caso e si apre questa pagina:

 

 

 

E’ importantissimo seguire con precisione il procedimento indicato che ha questo aspetto (mostro solo l’inizio di una lunga pagina)

 

 

 

ecc…

Il procedimento è molto simile a quello dell’aggiornamento del firmware della fotocamera. Bisogna seguire passo passo le istruzioni e alla fine spegnere la fotocamera, rimuovere la batterie, reinserirle e quindi riaccenderla.

La disponibilità degli aggiornamenti è concentrata sugli obiettivi GM e su alcuni G come per esempio lo zoom 70-200 f/4.

Nel mio caso, il mio zoom 70-200 f/2.8 GM era ancora fermo alla versione 01 mentre era già disponibile la versione 05. Adesso è aggiornato e sono curioso di provarlo per vedere quali differenze si sentono nella pratica.

Stabilizzazione by SONY

Le A7 mk2, La A7RIII e la A9 dispongono di un avanzato metodo di stabilizzazione sul sensore, chiamato IBIS (In Body Image Stabilization). Questo sensore è quindi in grado di muoversi e di compensare i movimenti indesiderati della fotocamera entro certi limiti.

Il sensore delle Sony offre stabilizzazione su movimenti in 5 assi (5-axis stabilization)

 

Vorrei chiarire alcuni concetti perchè ho visto non poca confusione su vari forum.

1. 5 assi e solo 3 dimensioni?

 

Innanzitutto ho visto persone non capire cosa vogliono dire 5 assi e addirittura fare ironia sul fatto che nel nostro universo ci sono solo 3 dimensioni per cui i 5 assi sarebbero un’invenzione del marketing. Non è così.

Infatti i 5 assi di cui si parla sono intorno al centro della fotocamera (Yaw, Pitch e Roll) mentre i rimanenti due sono le traslazioni sugli assi X e Y. Le traslazioni possono essere considerate a tutti gli effetti delle rotazioni intorno a un punto improprio e cioè un punto all’infinito sulla normale all’asse.

Quindi anche le traslazioni sono “rotazioni”

NB. Preferisco usare i termini inglesi Yaw e Pitch perchè sono di uso generale, comunque Yaw= Imbardata, Pitch=Beccheggio e Roll=Rollio. La figura sopra lascia capire meglio di 1000 parole che cosa vogliono dire.

2. Informazioni necessarie

Consideriamo attentamente i 5 movimenti da correggere: per tutti è necessario conoscere la lunghezza focale. Se l’obiettivo viene riconosciuto dalla fotocamera questa informazione viene resa disponibile automaticamente. Altrimenti la si potrà fornire tramite il menù, semplicemente Menu2, Pagina 4 “Steady Shot Settings”, inserire la lunghezza focale. Tutto qui, nessun dramma. Attenzione però: se non inseriamo la lunghezza focale manualmente, il sistema va di default sul valore più piccolo e cioè 8mm…molto poco utile di solito!

A questo punto le due traslazioni (cioè sull’asse X e Y) e il Roll sono soddisfatti e possono iniziare a lavorare, non hanno bisogno di conoscere la distanza di messa a fuoco perchè ruotano intorno a punti all’infinito (XeY) o nel movimento non cambiano l’angolo col soggetto (Roll).

Invece il Pitch e il Yaw hanno proprio bisogno di conoscere la distanza di messa a fuoco, ma siccome questa è solo disponibile con ottiche native o totalmente adattate, ne consegue che un’ottica che non è collegata elettricamente alla fotocamera sicuramente non potrà avere il funzionamento della stabilizzazione sui 5 assi: le mancherà proprio il Pitch e il Yaw.

3. Come va con le ottiche native

Sony dichiara un fattore di stabilizzazione pari a 4.5 per la A7RII e a 5.5 per la A7RIII. E’ molto difficile quantificare questi numeri, ma il funzionamento con ottiche native è sicuramente molto efficiente. Esistono però altre considerazioni da fare: l’aumento del tempo di esposizione non conduce a una perdita di efficacia graduale, sembra che ci sia proprio un gradino oltre il quale le immagini diventano inutilizzabili.

Esempio: Sony A7RIII + 70-200 f/2.8 GM usato a 200mm.

Ho ottenuto risultati positivi e ripetibili con tempi fino a 1/6″, ma passando a 1/5″ l’immagine diventa pessima. Quindi per questa combinazione macchina + ottica, il limite utilizzabile è 1/6″ . Non ho ancora condotto test su altre ottiche o focali diverse dello stesso zoom, ma l’impressione è che in ogni situazione ci sia proprio un gradino, oltre il quale la resa della stabilizzazione subisce un degrado netto.

Comunque sulle ottiche native l’efficacia di questo sistema IBIS è altissima, anche se non sono in grado di quantificarla e di fare dei confronti tra varie ottiche oppure con le reflex.

4. Come va con le ottiche non native

Parliamo delle ottiche che non comunicano con la fotocamera, prendiamo per esempio lo Zeiss APO 135mm f/2. E’ uno dei migliori obiettivi mai prodotti, ma non è stabilizzato ed è MF (Manual Focus) . Ora, uno dei grandi vantaggi delle mirrorless è quello di poter focheggiare le ottiche MF con grandissima precisione ingrandendo l’immagine sul mirino, per esempio 7x o 13x. In questo modo, se il soggetto è statico la MaF (Messa a Fuoco) sarà sempre perfetta.

Tuttavia resta un problema per le focali lunghe: osservando l’immagine 13x nel mirino elettronico è come se si usasse una focale molto più lunga e se non si sta usando il cavalletto, l’immagine sarà molto mossa nel mirino rendendo difficile la MaF. Qui entra in gioco la stabilizzazione IBIS che consente di stabilizzare un obiettivo non stabilizzato non solo nello scatto, ma anche durante la MaF. L’effetto è drammatico, nel momento in cui si attiva stabilizzazione l’immagine cessa di vibrare e possiamo mettere a fuoco con tutta calma e precisione.

Naturalmente anche lo scatto si gioverà della stabilizzazione: ricordiamo però che saranno stabilizzati solo i movimenti sull’asse X e Y e il Roll. Yaw e Pitch non saranno stabilizzati perchè la fotocamera non dispone dell’informazione sulla distanza del soggetto. Non escludo però che ci sia comunque un intervento basato su una distanza di default.

Tornando al nostro Zeiss APO 135/2 ho trovato che si ottiene un’ottima stabilizzazione con tempi aumentati di 3.5x. Si tratta di un importante vantaggio rispetto all’uso dello stesso obiettivo su una reflex senza IBIS.

Un altro importante vantaggio delle mirrorless sulle reflex 😀

 

SONY FE 100mm f/2.8 STF GM OSS: la macchina della felicità

Esistono tantissimi obiettivi di tutte le marche e di tutti i tipi.

E poi esiste il Sony FE 100mm f/2.8. STF sta per Smooth Trans Focus

 

Che è totalmente differente perchè è …apodizzato! Dietro questo termine un po’ sospetto si nasconde la presenza di un elemento apodizzante nella sua costruzione ottica. Vediamo come è fatto.

 

Si vede che in corrispondenza del punto di fuoco si trova appunto l’elemento apodizzato che appare in blu. In pratica è un disco di vetro con spessore che decresce verso il centro. Questo disco è semi-opaco e più precisamente ha un’opacità massima pari a due stop. La sua funzione è quella di ammorbidire e di “distruggere” l’informazione dei raggi che passano nella sua periferia. E’ molto importante chiarire il termine “periferia”. Non si intende la periferia dell’immagine…not at all… si intendono i raggi che passano nella periferia dell’elemento apodizzante e cioè  i raggi che non sono a fuoco indipendentemente dal fatto se rappresentano un punto al centro o in periferia. Al centro dell’elemento apodizzante passano i raggi che sono a fuoco, che quindi non vengono modificati.

Questa costruzione consente di mantenere una straordinaria risoluzione per gli elementi a fuoco, accoppiata a una morbidezza “liquida” dei soggetti non a fuoco che non è confrontabile con nessun altro tipo di obiettivi esistenti. I grafici MTF sono eccellenti. Come vedremo questa lene è capace di riprodurre i dettagli più fini in qualsiasi punto del sensore, quindi anche alle estremità.

Sul mercato esistono solo due altri obiettivi apodizzati e cioè il Minolta 135m (che il diretto genitore di questo) e un Laowa 100mm f/2 che però non raggiunge risultati neppure confrontabili con questo Sony. Esiste anche il Fujinon XF 56mm F1.2 R per sensori APS che però presenta un effetto apodizzante limitatissimo e non confrontabile neppure esso col Sony.

 

Altre specifiche tecniche:

  • Peso e dimensioni sono molto contenuti, rispettivamente 700 g e 12 cm di lunghezza. Il vantaggio delle mirrorless esiste e non si discute anche se naturalmente le lenti non sono la metà delle reflex 😉
  • Diametro dei filtri 72mm.
  • 11 lamelle arrotondate
  • Stabilizzazione Steadyshot.
  • Questo obiettivo ha una particolarità molto interessante perchè possiede una modalità “quasi-macro” attivabile tramite una levetta. Nella modalità normale la distanza minima di messa a fuoco è di 0.85m con un rapporto di riproduzione (RR) pari a 0.14, mentre nella modalità “close-up” si mette a fuoco anche a 0.57m con un RR di 0.25. L’obiettivo non è quindi un vero macro ma si presta a riprodurre una grande varietà di soggetti a distanza ravvicinata dove il suo inimitabile bokeh fornisce risultati sorprendenti.

Parliamo adesso della luminosità effettiva dell’obiettivo che è un T/5.6. Che cosa vuol dire? Vuol dire che la luminosità effettiva è inferiore di 2 stop rispetto a quella geometrica che è f/2.8 per via dell’elemento apodizzante che assorbe appunto 2 stop. Però le altre proprietà ottiche restano quelle di un f/2.8 a cominciare dalla profondità di campo. Sulla macchina fotografica Sony ha scelto di mostrare il numero T invece del valore f perchè è di utilità pratica ai fini dell’esposizione. E anche sugli EXIF vengono mostrati i valori T quindi aprendo un’immagine fatta a TA su Lr per esempio, si vedrà f/5.6. In realtà è f/2.8 e T/5.6. Basta saperlo per evitare confusione.

Il fatto che l’elemento apodizzante assorba due stop è sicuramente uno svantaggio dal punto di vista dell’utilizzo in bassa luce, ma è un vantaggio dal punto di vista della qualità perchè è proporzionale all’effetto ottenuto. Il vecchio Minolta STF 135mm per esempio perdeva solo 1.5 stop di luce e infatti presenta un risultato meno intenso di questo nuovo 100mm

La costruzione meccanica e la qualità generale sono superbe: è un obiettivo della serie GM e lo dimostra!

Io ritengo particolarmente utile la presenza del bottone di blocco della messa a fuoco sul barilotto (che volendo può essere riprogrammato tramite il menu on-camera).

  • L’effetto apodizzante è particolarmente evidente in due situazioni: la presenza dei cerchi di luce fuori fuoco che vengono resi in un modo molto speciale e che rimangono circolari anche ai bordi dell’immagine (cioè non assumono la forma a nocciolo di oliva tipico di tutti gli obiettivi) e
  • la presenza di linee nella zona sfocata che vengono completamente assorbite senza lasciare “vestigia” come sulle lenti normali.

Passiamo adesso a vedere alcuni esempi, che ho pensato di raggruppare in 3 gruppi particolarmente indicati per questo obiettivo: 1. i punti-luce sfocati, 2. i ritratti e 3. le foto di piante e giardini

1. Punti luce sfocati

Come detto sopra i punti luce sfocati sono resi in un modo totalmente diverso dalle lenti normali perchè non hanno nessun fastidioso circoletto esterno e mantengono la forma circolare ovunque si trovino nel frame dell’immagine. Vediamo alcuni esempi che illustrano quanto detto.

Come sempre cliccate sull’immagine per vederla ingrandita. Tutte le foto sono a f/2.8 ossia t/5.6

 

 

La foto qui sopra mostra come sia realmente possibile esplorare nuove strade creative con questa lente e ottenere effetti unici.

 

 

 

2. Ritratti

Gentilmente si sono prestati i miei figli gemelli di 12 anni, col permesso anche di mia moglie.

 

 

Nell’immagine qui sopra la resa dello sfocato consente di ottenere un forte effetto 3D, in cui lo sfondo viene “fuso” ma mantiene una certa leggibilità. Per ottenere uno sfocato simile a questo con una lente tradizionale sarebbe necessario aprire almeno a f/2 su un 100mm il che comporterebbe la perdita totale di qualsiasi leggibilità dello sfondo. Questo è un altro vantaggio molto importante.

L’immagine sotto propone un ritratto in notturna. In questo caso lo sfondo era molto lontano e non mostra dettagli, ma il gioco di luci è molto piacevole e sorprendente.

 

 

L’intensità dello sfocato si gioca realmente con la distanza dal soggetto principale. Nella foto qui sotto ho scelto di avvicinarmi molto al soggetto. Lo sfondo si è quindi completamente fuso e si vede a stento che c’è un ponte veneziano dietro. Ovviamente avrei potuto chiudere un po’ il diaframma o allontanarmi dal soggetto se avessi voluto mantenere più dettagli del ponte, ma in questo caso volevo evidenziare solo il soggetto e avere solo un leggero movimento sullo sfondo. La risoluzione sulle ciglia è ai massimi livelli e sfrutta appieno i 42Mpx della Sony A7R III.

 

 

Passiamo a Nicole, la gemellina di Giorgio:

 

 

Qui sotto Miss Nicole cominciava a essere irritata per la lunga seduta di foto… e si vede!

 

 

Il taglio dell’inquadratura e quindi la distanza dal soggetto influisce sulla resa dello sfocato, cosa che succede con tutti gli obiettivi ma che con il 100mm STF è particolarmente importante perchè governa totalmente la qualità e il risultato dell’immagine prodotta.

Vediamo adesso due ritratti in B&W:

 

 

 

Notate la morbidezza delle sfumature di grigio che danno un aspetto perlato alla pelle della bambina.

3. Piante e giardini

Questo tipo di soggetto offre una grande varietà di possibilità creativa che esaltano le capacità di un obiettivo: colori, sfumature e naturalmente il famoso bokeh.

La prima immagine è semplicissima ma è anche molto speciale perchè non avrebbe potuto essere realizzata con nessun’altra lente. Non solo per lo sfocato morbidissimo, ma per quella perfetta “palla di luce” che si incastra nel rametto della magnolia del mio giardino. Trovo che sia particolarmente gradevole il fatto che il contorno del cerchio sia così ben definito. Ho foto simili dove non è così definito e devo ancora capire quali sono le variabili che lo rendono tale. Ho pensato che fosse l’uso della posizione “macro” di cui ho parlato all’inizio, ma ho già potuto escludere questa ipotesi.

 

 

 

I colori saturi  del pomeriggio avanzato vengono resi bene dallo sfocato liquido dello sfondo.

 

 

Naturalmente anche i colori tenui e delicati vengono resi bene come si vede qui sotto. Lo sfondo rosa è dato dalle foglie rosse dell’autunno.

 

 

Foglia rossa con moschina 😉

 

 

Qui sotto vediamo colori saturi combinati con la sfondo delicato e sfocato

 

 

 

 

Eccoci alla fine di questa lunga carrellata su questo SONY 100mm STF.

Come si vede dalle foto anche le aberrazioni cromatiche (laterale e assiale) sono ridottissime, naturalmente quella laterale viene eliminata comunque dal software (Lr, C1, RT, ecc). Resistenza al flare e al controluce: non ho caricato esempi ma anche qui il comportamento è ottimo.

L’unica limitazione sta proprio nel suo punto di forza e cioè nei due stop di luminosità che l’elemento apodizzante si mangia, d’altronde l’effetto “meraviglia” di questo tipo di lente è proprio proporzionale all’opacità del filtro, quindi un obiettivo apodizzante che avesse per esempio 1 solo stop di assorbimento sarebbe meno efficace nel creare il magico bokeh che è la sua vera ragione d’essere .

Per finire: suppongo che non debba spiegare il titolo, la felicità che dà l’uso di questa lente è veramente unica!

Come pulire il sensore della Sony mirrorless: un importante piccolo segreto!

Le Sony A7 e A9 hanno un sensore che è abbastanza facile pulire perchè 1. non c’è lo specchio e 2. il sensore non è nascosto in una caverna profonda ma sta bello a disposizione. Si possono usare i soliti metodi di pulizia. Io mi trovo bene con una lente 30x che appoggio al bocchettone della macchina e che mi consente di rilevare in real-time anche le più piccole tracce di polvere che posso quindi rimuovere senza scattare ogni volta una foto di controllo. Io uso pennellini speciali da caricare elettrostaticamente e i soliti “stick” avvolti nei panni Pec-Pad.

C’è però un importante elemento da considerare: il sensore delle nuove A7 e A9 è stabilizzato e quindi non è fisso. Nel momento in cui andiamo a toccare il sensore questo si muove pericolosamente. La calibrazione del sensore ha una precisione di micron o decimi di micron e una sua perdita di allineamento sarebbe catastrofica.

Fortunatamente esiste un metodo (scoperto per caso) per tenere fermo il sensore: si deve andare sul menu, far partire la pulizia tramite il vibratore del sensore e poi NON SPEGNERE LA MACCHINA. Infatti finché non viene spenta il sensore resta bloccato e non si muove. In questo modo si possono fare le pulizie in sicurezza. Finite le pulizie, si spegne e si riaccende la macchina.

Nota Bene: non mi assumo nessuna responsabilità sulle vostre macchine. Io uso questo metodo, non lo consiglio a nessuno 😉

Nuovo software per la sintesi dei file Pixel Shift

Da oggi è disponibile la versione beta di SonyPixelShift2DNG che è stata sviluppata da Iliah Borg, conoscitore profondo di sensori e della tecnologia che ci sta dietro.

E’ molto interessante per questi motivi:

  1. è la prima alternativa disponibile a Imaging Edge, di cui ho parlato qui e qui, programma proprietario Sony, fatto bene, ma lento e limitato come editing
  2. consente un flusso di lavoro molto interessante perchè produce un file DNG (assemblato dalle 4 foto-base) che può essere aperto direttamente il LR o Capture One, saltando così il passaggio per il file ARQ che è visto solo da Raw Therapy e Rawdigger oppure la produzione diretta in Imaging Edge di un file Tiff che comunque limita le successive lavorazioni
  3. ho scambiato alcuni email con Iliah e ed è estremamente motivato a risolvere eventuali teething problems con l’aiuto degli utenti.

Purtroppo manca il trattamento automatico delle zone mosse che invece è presente su Raw Therapy e questo può essere un fattore limitante al suo uso, ma conoscendo Iliah non mi stupirei se lo introducesse anche sul suo software.

Pixel-Shift: nuovo metodo per eliminare IN AUTOMATICO il movimento tra gli scatti. Spiegato step by step

La Sony A7R III ha portato una grande novità: la possibilità di scattare in modalità Pixel Shift (PS per semplicità). In sostanza si tratta di spostare il sensore intorno ai 4 pixel di base e riprendere un’immagine per ognuna di questa 4 posizioni. Lo scopo è quello di eliminare le limitazioni della matrice di Bayer. Ne ho parlato in questo articolo di ultraSONY.it

Questo metodo fornisce risultati di grande interesse, ma presenta una grossa limitazione: va in tilt se un soggetto presente nella foto si muove “tra uno scatto e l’altro”. L’immagine finale appare retinata e inservibile.

Attenzione “tra uno scatto e l’altro” non vuol dire “durante lo scatto”: ho visto persone preparate cadere in questo trabocchetto. Non parliamo di foto “mosse” ma di 4 foto che devono essere assolutamente congruenti affinché si possa ricostruire l’informazione cromatica corretta. E’ chiaro che se, oltre a esserci movimento “tra” gli scatti, ce ne fosse anche “durante“…beh …è meglio buttar via la serie e ricominciare!

Nei primi mesi dopo il lancio della Sony A7R III avevo sviluppato un sistema che consisteva in sostanza di mascherare le zone “mosse” con una delle 4 immagini di base della serie. Questo lavoro andava fatto “a mano” e l’avevo descritto su un altro forum a cui collaboravo all’epoca. Era un lavoro molto tedioso e richiedeva tempo e precisione, ma…

…oggi tutto questo non è più necessario. Si può procedere con un metodo automatico, molto più veloce e preciso, lavorando un nuovo tipo di file che ha terminazione .ARQ

Procedimento di sintesi delle 4 immagini-base

A tutt’oggi esiste un solo software in grado di sintetizzare le 4 immagini-base in una nuova “super-immagine”. Questo software si chiama Imaging Edge ed è proprietario di Sony. Può essere scaricato qui  Non serve solo per il Pixel Shift, ma per qualsiasi immagine ottenuta da una fotocamera Sony. E’ molto lento, ma sui RAW riproduce colori e luminosità uguali ai  preset on-camera per i Jpeg.

Dopo aver ottenuto le 4 immagini-base, andremo su Imaging Edge (IE). Vediamo che i file-base di una serie-PS hanno un suffisso 1,2,3,4 per contraddistinguere le 4 riprese di base e hanno anche una piccolissima icona che simbolizza la matrice di Bayer. Ora è sufficiente fare un right-click su una qualsiasi di queste 4 immagini e il software automaticamente le riconosce tutte e 4 e apre un menu di contesto con varie opzioni tra cui quella di creare e editare l’immagine composita

 

 

Se clicchiamo su questa opzione si aprirà un altro Modulo di IE che si chiama Edit e qui si formerà (lentamente) l’immagine composita:

 

Eliminazione del movimento

Vediamo che c’è stato del movimento tra uno scatto e l’altro, il che si traduce in zone retinate che rendono l’immagine inservibile. Ma non buttiamola via, esiste una cura!

Su Raw Therapy, in generale, a questo punto possiamo fare 3 cose con questa immagine:

  1. editarla con dei semplici comandi sul lato destro
  2. esportare la super-immagine come normale TIF o JPEG (ma Imaging Edge aggiunge uno sharpening eccessivo)
  3. salvarla come file ARQ

L’ultima opzione è la più interessante: si tratta di un vero RAW (ma 4 volte più pesante) che ci consente di lavorare in ambienti esterni a Imaging Edge, possibilmente più sofisticati. Purtroppo nè ACR/Lr nè Capture One aprono questo tipo di file. I due software in grado di leggerlo sono Raw Therapy (RT) e Rawdigger. Il primo è gratuito e possiede anche una modalità automatica interessantissima di rimozione del movimento.

Per prima cosa dobbiamo attivare la “Motion Correction” e far apparire la maschera delle zone da correggere, consiglio di selezionare esattamente le opzioni come dalla seguente schermata:

La maschera verde indica appunto le zone da correggere. Ne possiamo regolare il Raggio, la transizione e l’adattamento ISO. Provate coi valori che ho riportato per iniziare.

La seconda opzione è molto interessante, perchè consente di selezionare l’immagine donatrice che può essere una qualsiasi delle 4. L’opzione “Equalize brightness…” è fondamentale per eliminare piccole zone non corrette sparse qua e là. Alcuni commentatori hanno bocciato la correzione automatica di RT perchè non si sono accorti dell’esistenza e utilità di questa opzione.

Non mi dilungo sul significato delle altre opzioni, ma consiglio di spuntare le opzioni come indicato.

A questo punto possiamo togliere la maschera e vedere il risultato:

Come si vede tutte le zone interessate al movimento sono state risolte con precisione e senza lasciare aloni o artefatti. Naturalmente in queste zone non ci sarà la super-risoluzione, ma normalmente si tratta di piccole zone rispetto al totale dell’immagine e di solito non “fondamentali”. Penso ad esempio a “piccole” persone che camminano in un ampio paesaggio o a foglie che si muovono col vento o ancora a nuvole in una giornata ventosa. Oppure il mare…che si muove anche di notte e non sta fermo mai 

Conclusioni

Il metodo descritto consente di eliminare “la” principale limitazione del Pixel Shift. In questo modo si estende l’utilità di questa potente funzionalità anche ai paesaggi (naturali e urbani) e alle macro in ambiente naturale. Da adesso il Pixel Shift non è più limitato alle sole foto di studio…o a panorami in zone deserte senza acque e senza vento 😉

 

In memoria di Renato Acri

Milano, 1977. Esco di corsa dal Politecnico dopo l’ultima esercitazione di “Analisi Matematica 3”. La strada per Como è lunga, ma “devo” passare al negozio della Metro, subito all’angolo di Piazza Leonardo da Vinci. E’ un negozio di fotografia “low-cost” e tutti gli studenti squattrinati e appassionati di fotografia di Milano si ritrovano lì prima di tornare a casa. E’ qui che sognavamo coi pacchi di carta da stampa sugli scaffali e un vago odore di solfati e solfiti nell’aria.

Solo che io ero un po’ diverso… perchè la mia passione fin da allora era il colore e la stampa a colori. Tutta colpa del grande Renato Acri.

Ma chi era Renato Acri? Era un redattore di Tutti Fotografi, mitica rivista di quegli anni senza Internet, diretta dalla famiglia Namias. Renato si occupava di una rubrica che si chiamava “Tuttocolore”, dove divulgava il verbo del colore in epoca analogica. Provava le pellicole, le carte di stampa e soprattutto forniva le ricette per i vari sviluppatori basati su reagenti della “Chimica Ornano” piccola ditta chimica situata alle porte di Milano che forniva prodotti chimici per la fotografia,  oltre a quelli già formulati, sostitutivi dei “carissimi” originali Kodak e Agfa.

Renato era un mito, la sua conoscenza era infinita e ha trascinato “Many a poor boy” sulla strada del vizio fotografico a colori 😉  Ma soprattutto aveva uno spirito di una leggerezza incredibile, scherzava sempre col suo sense of humour splendidamente napoletano. Era un signore che ci elargiva il suo sapere con affetto e intelligenza.

[Piccolo OT: Il suo stile coltissimo e leggero mi ricorda un altro grandissimo (e troppo poco conosciuto) e cioè Carlo Laurenzi, saggista elbano della Stampa, poi del Corriere e infine del Giornale dove si occupava di critica cinematografica]. Penso che oggi questo stile leggero e pieno di umorismo non si usi più  o forse nessuno è capace di produrlo…

Se io sono qui, se sono diventato stampatore di professione (ormai solo digitale) lo devo soprattutto a Renato.

A lui devo le lunghe notti passate in cucina, con mia mamma che si alzava ogni ora per vedere “se stavo bene”, a stampare col mio Durst a testa a colori dicroica e a sviluppare le stampe con uno stranissimo aggeggio che era la sviluppatrice per carta a colori termostatata. Mi ricordo che quando avevo finito dovevo lavare tutto e lasciare tutto in ordine. Ed erano sempre le 2 di notte. Alle sei mi sarei alzato di nuovo per prendere il treno della Nord e andare di nuovo a lezione al Poli.

E’ un miracolo che sia riuscito a finire l’Università ancora vivo 😉

Renato morì alcuni anni fa. Tuttifotografi fece una pessima figura perchè liquidò la sua morte con un titolino “Arrivederci Renato Acri”. Così, senza testo. Mi ero perfino chiesto se era andato in pensione o se era morto. Quando seppi che era morto, dalla rabbia cancellai l’abbonamento che ancora pagavo come forma di riconoscenza per gli anni lontani.

Renato, ti ho sempre voluto bene anche se allora non lo sapevo.

Un saluto al più grande “tuttocolorista” di sempre, così, col termine che avevi inventato tu.

Ossessione (1943)

Ossessione è il titolo di un film di Luchino Visconti del 1943, tratto dal romanzo “Il postino suona sempre due volte”.

Cosa c’entra con la fotografia?

 

Per molti fotografi la passione per il “materiale” fotografico è altrettanto forte della passione per la fotografia in sè. E’ un’ossessione, appunto. Molti trovano che sia sbagliato, ma questa critica mi fa sorridere…tutto quello che ci dà felicità e che non urta i 7 peccati capitali, fa bene al cuore e all’anima.

Certo è che la voglia di capire, di scoprire gli ultimi sviluppi tecnologici, di criticare e auspicare i nuovi sviluppi è molto forte in tantissimi appassionati. Certe volte mi chiedo se questo possa in qualche modo compromettere la nostra reale produzione fotografica. Ci penso spesso, ma in questo momento la mia risposta più accreditata è che sono due cose separate: le due passioni/ossessioni  non si aiutano, non si ostacolano e non hanno molte interazioni.

Io non voglio guarire da questa ossessione, ma volendolo, come si può fare? uccidere il marito dell’amante come nel film non aiuta…direi che la cosa più importante da fare è ammettere di essere colpiti da questa sindrome e non negarla come fa il 90% dei “soggetti colpiti”…dopo di che…si potrà vivere felicemente ossessionati.

Sony A7R III Pixel Shift guadagna più di 1 stop di DR

 “Photons to Photo” ha misurato la Sony A7R III in termini di Range Dinamico (DR) nella modalità Pixel-Shift (che chiameremo PS) e ha trovato un miglioramento di più di 1 stop rispetto alla modalità normale.
Si tratta di una differenza “enorme” che costituisce uno dei principali vantaggi del PS
 
 
Benchmarking:
è interessante confrontare questi numeri con  i “best in class” e quindi con quelli della Nikon D850, l’altra fotocamera reginetta del 2017.
Purtroppo il sito Photons to photons non consente un confronto diretto tra la A7RIII PS e la D850, per cui dobbiamo andare per vie indirette. Il grafico qui sotto propone il confronto tra il DR della A7R III e la D850 entrambe in modalità normale (ovviamente la D850 non ha il PS)
Sostanzialmente, senza usare il PS, la A7RIII ha un vantaggio costante di circa 2/3 di stop escluso a bassissimi ISO (uguali o inferiori a 64) dove sono più o meno alla pari. Già a 100 ISO c’è un delta di 2/3 stop. Quindi, se si attiva il PS sulla A7R III si evince che quest’ultima ha un vantaggio di circa 2 stop di Range Dinamico (DR) sulla D850. Si tratta di un vantaggio colossale che apre opportunità degne di una medio-formato.
Questo confronto ha creato molta costernazione in alcuni utenti Nikon, ma tengo a precisare che la D850 mostra comunque degli ottimi numeri.
 

Pixel-Shift con la Sony A7R III

Con la nuova A7RIII Sony ha introdotto la possibilità di scattare nella modlità di Pixel Shift. Che cos’è e a cosa serve?

Le fotocamere digitali usano la cosiddetta matrice di Bayer per separare i tre colori primari Rosso, Verde e Blu durante la fase di scatto. Le informazioni ottenute dallo scatto con la matrice di Bayer davanti al sensore vengono poi interpolate per ricostruire un continuo …che in realtà non c’è. La risoluzione effettiva di un’immagine ottenuta attraverso la matrice di Bayer è pertanto sensibilmente inferiore a quella nominale. E’ superiore però al 1/4 come si potrebbe immaginare perchè esiste comunque una informazione spaziale diversa per ogni dei 4 pixel e le camere sono in grado di operare ottime interpolazioni. La risoluzione effettiva si può stimare che sia circa 1/2 di quella nominale.

Fanno eccezione a questo fenomeno le fotocamere dotate di sensori privi della matrice di Bayer come i Foveon e le macchine “monocromatiche”.

Sony non è stata la prima a introdurre il pixel Shift. Panasonic, Pentax e altre l’hanno già proposto in passato.

Come funziona.

La macchina deve essere collocata su un solido treppiede e se possibile è meglio usare lo scatto remoto (io ho usato Playmemories via smartphone). Si imposta l’opzione “Pixel Shift” sul Menu e si scatta. La A7RIII si imposta automaticamente su RAW, 14 bit non compressi e scatto silenzioso. Premendo lo scatto la fotocamera realizza da sola 4 scatti, per ognuno dei quali il sensore intero viene strategicamente shiftato, cioè spostato in modo parallelo a sè stesso, di una distanza pari alla dimensione del pixel. Questo 4 volte e in modo “circolare” cioè ruotando i 4 pixel colorati della matrice di Bayer. In questo modo ogni posizione-pixel “logica” sarà stata esposta attraverso i 3 colori primari (col verde ripetuto due volte su due posizioni “fisiche” diverse).

E’ possibile impostare l’intervallo di tempo tra uno scatto e l’altro su 1 sec , 3, 5, 10, 30. Lo scopo è di dare il tempo per ricaricare eventuali sistemi di flash, ma io ho voluto comunque testarli tutti per vedere se producessero differenze di qualità, dovute magari alla migliore ri-stabilizzazione del sensore dopo essere stato mosso dal sistema principale. In pratica non ci sono state differenze.

Successivamente i quattro file ARW vanno salvati sul PC e processati col nuovo software di Sony che si chiama Imaging Edge. E’ fatto molto bene, anche se è molto lento. Comunque dopo aver riassemblato i 4 scatti si ottiene una nuova immagine RAW che può essere processata dallo stesso software oppure esportata come Tif o Jpeg.

Test pratico

Ho scelto di usare come obiettivo il Sony FE 28mm f/2 usato a f/5.6 per ridurre le distanze necessarie al nostro scopo con delle foto all’aperto.

La foto d’insieme è questa:

Di seguito riporto 3 crop di 3 punti differenti.

Devo fare un’annotazione importante: nessuna immagine è stata sottoposta a sharpening, ma ho visto in un secondo tempo che l’immagine prodotta da Imaging Edge è già sottoposta a un certo sharpening sicchè non partono tutte dalle stesse condizioni, nonostante questa fosse la mia intenzione originale.

Nelle foto qui sotto l’immagine da Pixel Shift è quella di sinistra…escluso la prima, scusatemi è venuta così e non ho tempo di ricomporle di nuovo 😉

E’ essenziale cliccare sui crop per vedere i pixel 1:1 e quindi formulare un giudizio

E’ essenziale cliccare sui crop per vedere i pixel 1:1 , scusate la ripetizione ma è…essenziale :D Se non ci clicca le immagini vengono ricampionate in basso dal monitor su risoluzione più basse e  quindi  diventano quasi uguali.

Le mie conclusioni:

Le differenze appaiono veramente grandi, superiori a quanto avessi pensato, ma pesa la questione dello sharpening che dovrò chiarire in un prossimo futuro. Sui manufatti come la griglia del condizionatore la foto semplice produce una buona dose di Moiré che scompare nella foto da Pixel Shift.

Sugli aghi dei pini la differenza è di nuovo molto forte, così come sulle foglie e sui fili d’erba.

Aggiungo un test fatto con una mira ottica di cui riporto di nuovo soltanto i crop 1:1

Anche qui si nota il moiré sulla foto “singola” che scompare sull’assemblata.

Conclusioni

Il metodo è facile da usare, ci vuole solo un cavalletto e un soggetto …che non si muova. Poi le quattro immagini vengono caricate su Imaging Edge e lavorate. Ci sono un paio di chicche:

* Su Imaging Edge le 4 immagini vengono riconosciute e gli viene appeso un mini-simbolo della matrice di Bayer più un suffisso 1,2,3,4

* Quando si clicca sulla prima foto, automaticamente vengono caricate tutte e 4 per il processing che produce l’immagine finale.

Il funzionamento di Imaging Edge è davvero “smooth” con dei veri tocchi di classe anche se è piuttosto lento, che denotano un prodotto completo e non in fase beta come spesso accade. Brava Sony! Ho apprezzato questi dettagli.

I risultati sono veramente molto buoni, ma qui va fatto un discorso sullo sharpening che viene applicato di default da Imaging Edge quando “assembla” le 4 foto-base. Durante il mio test non mi sono accorto di quanto fosse intenso e quindi la differenza che si vede è in realtà superiore a quella reale che si avrebbe a parità di sharpening. La mia impressione è che la differenza di risoluzione effettiva sia indiscutibile, ma realmente visibile solo a ingrandimenti superiori al 100% a parità di sharpening. Un aspetto su cui la differenza invece è evidente sta nell’eliminazione del Moiré  e dei falsi colori, così come nella risoluzione delle trame più fitte.

L’esportazione finale dell’immagine lavorata da Imaging Edge  è possibile come Jpeg o Tif (8 o 16 bit) ma solo su sRGB o Adobe RGB, non c’è ProPhotoRGB il che è un peccato pensando a certi panorami molto saturi.

Edit: alcune settimane dopo aver scritto questo articolo, Raw Therapy  e RawDigger si sono attrezzati per supportare il file raw intermediario prodotto da Imaging Edge con terminazione .ARQ. E’ molto interessante perchè potremo così aprire i file RAW già assemblati, ma ancora privi di qualsiasi correzione tra cui lo sharpening

Per soggetti che abbiano avuto qualche movimento durante le 4 esposizioni, c’è un’altra buona notizia: Raw Therapy si è dotato anche di un sistema di correzione automatica delle zone mosse , con una mascheratura automatica, ma regolabile, su cui viene inserita come “donatrice” una delle 4 immagini-base a scelta dell’operatore. Vedremo come funziona in un prossimo articolo. Certo è che non è più necessario fare questo processo a mano come avevo io stesso iniziato a fare nelle prime settimane di uso della Sony A7R III. Le possibilità di uso vengono qui estese in modo enorme considerando che anche nei paesaggi c’è sempre qualche elemento che si sposta tra uno dei 4 scatti-base e il successivo.

Sony A7 R III: prime impressioni

Come annunciato, sabato 18/11/2017 è arrivata la nostra nuovissima Sony A7RIII. Le aspettative sono tante: riuscirà a confermarsi complessivamente come la migliore fotocamera Full Frame del pianeta? vedremo, mettiamoci dunque al lavoro.

Le operazioni di unboxing si fanno sempre col cuore in gola…dopo tanta attesa l’oggetto dei nostri desideri è finalmente nelle nostre mani.

La scatola è rigorosamente sigillata:

Qui la vista di fronte:

La documentazione come al solito è abbondante:

Ci avviciniamo al Sancta Sanctorum

Ed eccola così come è stata imballata da abili mani giapponesi:

E finalmente:

Gli accessori:

Dopo un’attesa di un’ora e mezzo per caricare la batteria per bene siamo pronti a partire.

Il mio utilizzo è ancora limitato, ma è stato sufficiente per formare le mie prime Impressioni, di cui riassumo i punti principali di seguito, alternandoli con alcuni scatti, tutti eseguiti con la Macchina Della Felicità e cioè il magnifico obiettivo Sony STF 100mm GM costruito con un’antica tecnica dei samurai giapponesi ;) tramandatoci dalla scomparsa Minolta. Si tratta di una lente che comprende un elemento di apodizzazione il quale crea lo “sfocato totale” che è molto differente dagli obiettivi tradizionali. Sarà presto oggetto di un Test apposito, intanto vediamolo al lavoro.

Raggrupperò le mie impressioni sulla Sony A7RIII in vari paragrafi:

1. Aspetto esterno

La R3 è molto simile alla R2 ovviamente, ma si sente una differenza nella risposta dei bottoni e delle levette che appaiono essere di classe superiore. I bottoni c1, c2, c3, c4 sono stati riposizionati e adesso c’è il famoso joystick per la messa a fuoco che ha un piacevole aspetto di plastica-gommosa di alta qualità. Il selettore AF/AEL non c’è più, sostituito da un bottone AF-ON dedicato che fa tanto Nikom

2. Il mirino

Mantiene le ampie dimensioni della R2 (quindi superiore a tutte le reflex), ma con una risoluzione quasi doppia. E’ un “mondo” in cui perdersi. La risposta è istantanea e funziona molto meglio di prima ai bassissimi valori di EV. Le informazioni disponibili sono come sempre anche troppe e vanno selezionate con cura. Il bottone “in alto” della rotella consente di “scrollare” fra i vari preset impostati.

3. L’otturatore

E’ stato completamente riprogettato per ridurre drasticamente le vibrazioni. Si è cercato di ridurre la decelerazione a fine corsa e per questo motivo è stata allungata la corsa stessa. Il rumore che fa adesso è 100% Canon…ma come vedremo la macchina adesso ha vibrazioni talmente basse che si ottengono tempi di scatto più lunghi senza mosso. Naturalmente c’è la grande novità dell’otturatore totalmente elettronico che adesso funziona anche in scatto continuo e anche alla massima velocità e cioè 10 fps con immagini a 14 bit. Nota bene con AF ovviamente continuo e senza oscuramento del mirino.

4. La batteria e le schede di memoria

E’ vero!! adesso dura tantissimo e non c’è più bisogno di usare un battery grip con due batterie all’interno, se non per necessità ergonomiche. Io sinceramente vado meglio senza il BG

Per quanto riguarda le schede adesso c’è spazio per due schede di cui una UHS-II e una UHS-I, che sono pilotabili secondo le solite modalità a cui ci aveva abituato già Nikon.

5. L’Autofocus

Sicuramente questa è una delle più importanti novità della R3. Ho avuto modo di testarlo in alcuni aspetti fondamentali. L’Eye-AF e cioè l’AF sull’occhio adesso funziona veramente bene, è quasi impossibile “scollare” il quadratino verde dall’occhio a meno di fare cose veramente stupide. Funziona. Funziona sempre. Purtroppo non si può scegliere l’occhio dx o sx. Speriamo in un prossimo update del firmware.

Poi c’è la questione dell’AF in inseguimento. Ho ripetuto esattamente la stessa prova che avevo fatto con la R2 e che era fallita miseramente . Ho chiesto a mio figlio Giorgio di aiutarmi: si è messo a circa 30m di distanza e poi è mi venuto incontro correndo. Il test è stato superato alla grande. Ho scattato 56 foto in 5 secondi (quindi 11 fps), la macchina ha usato il riconoscimento del viso. Ho composto le 56 immagini nella scacchiera che vedete qui sotto. Le immagini sono tutte perfettamente a fuoco.

Su tutte le foto seguenti è possibile cliccare per ottenere una visione più grande.

Non ho ancora avuto modo di provarlo in situazioni di moto erratico, lo farò presto. Ma ricordiamo le parole del CEO della divisione Imaging di Sony: la A7 è una macchina progettata in modo particolare per ritratto e paesaggio. Per lo sport c’è la A9.

Tutte le foto che vedrete sotto sono state scattate 12800 ISO col 100mm STF citato in precedenza. E’ interessante notare il dettaglio sui pistilli (?) del fiore e anche il particolare sfocato dei punti luce sullo sfondo.

Siano a Venezia sulla Riva degli Schiavoni e si intravvede la sagoma del campanile di S. Giorgio sullo sfondo.

Per l’occasione mia moglie mi ha dato il permesso di postare un ritratto di Giorgio (12 anni), trovo impressionante il dettaglio e la morbidezza (in senso positivo) dell’immagine, sempre a 12800 ISO:

6. Il Menu

Eh sì, i menu della R1 e R2 erano veramente un pasticcio in cui non si trovava niente. La R3 ha fatto passi da gigante: le funzioni sono raggruppate in menù principali con sottotitoli che variano con le varie pagine. Le funzioni sono tantissime e quindi ci vuole tempo per orientarci, ma direi che adesso merita un bel 6 e mezzo (datemi un menù che merita di più ;) )

A questo proposto è fondamentale crearsi dei preset che adesso possono essere salvati in 3 posizioni fisiche sulla rotelle PASM, invece di 2, e in più ci sono i preset “software”. Devo ancora impostarli per bene e soprattutto devo renderli uniformi con la R2 che per ora continua a farmi compagnia. Con queste macchine sofisticate ci vuole tempo e pazienza… ed è necessario scaricarsi la guida completa disponibile sul sito Sony, visto che quella cartacea è solo una guida semplificata.

 7. La stabilizzazione e gli alti ISO

Il nuovo otturatore e un nuovo sistema di stabilizzazione consentono tempi di scatto incredibilmente lunghi, specialmente se possono lavorare in accoppiata con lo stabilizzatore dell’obiettivo.

Vediamo la seguente immagine, sempre Venezia di notte e sempre 12800 ISO. Sempre 100mm STF

Il tempo di scatto è di 1/13 s con la focale da 100m. Il risultato è veramente notevole sia in termini di resa ad alti ISO (anche come cromie!) sia di mancanza di mosso. Non amo i crop, ma per questo articolo ho dovuto prepararne alcuni, ecco dunque il primo…difficile credere che siano ISO 12800 vero?

Proseguiamo con altre immagini prodotte nelle medesime condizioni, ma questa volta addirittura a 1/5 s !!

Con relativo crop:

E qui il Palazzo Reale in “piazza“. Tempo di 1/20 s, ma ho schiarito l’immagine di 1/2 stop per cui la sensibilità effettiva è di circa 20.000 ISO

E adesso una vista dell’interessante lato Nord della Basilica di San Marco (cioè a sinistra per chi guarda la basilica dalla piazza). Anche in questo caso la sensibilità effettiva è di circa 20,000 ISO. Il tempo di esposizione è di 1/20 s

Non ho fatto confronti “scientifici” con la R2 che pure avevo con me, però per me è evidente che la resa della R3 in queste condizioni estreme sia leggermente superiore alla R2, non solo per la grana molto ridotta e compatta ma soprattutto per la capacità di mantenere la saturazione dei colori originali e di consentire ampie manovre di recupero sia delle ombre che delle alte luci. Ossia anche ad alti/altissimi ISO la gamma dinamica sembra essere migliorata.

8. Lo scatto silenzioso

Come scritto sopra è stato completamente rivisto e adesso non soffre più delle limitazioni che aveva prima, per cui è possibile usarlo in AFC, in scatto continuo e in 14 bit. E’ impressionante usarlo nella raffica perchè le immagini vengono scattate in assoluto silenzio e si vedono scorrere le mirino. Non ho testato l’effetto del rolling shutter e neppure ho confrontato la resa dinamica e di rumore tra la modalità elettronica e quella meccanica. Devo farlo insieme a tantissime altre cose che mi interessano, come il pixel shift o le riprese video che hanno specifiche professionali.

9. Primissime conclusioni

La Sony Alpha 7 RIII per ora ha soddisfatto completamente le mie attese. Non ci sono state delusioni ed effettivamente “funziona” su tutti quegli aspetti che erano tanto attesi mentre le funzioni che già erano buone sono state ulteriormente migliorate.

Oggi Sony possiede in listino una ML veramente matura che non lascia nulla a desiderare rispetto alle reflex.

E’ ancora presto per esserne sicuri, ma ho l’impressione che oggi la R3 sia addirittura superiore a qualsiasi reflex sul mercato. Le reflex oggi mi ricordano le ultime goffe vetture F1 a motore anteriore quando Lotus e Cooper le doppiavano allegramente con le loro piccole e agili vetture a motore posteriore: ecco, questa è l’impressione che oggi ricevo da un confronto tra i due sistemi.

10. Appendice: come vanno i Sigma Art col MC-11 ?

Semplice…immagini ancor più belle se possibile, ma AF purtroppo ancora molto scarso. Non ho trovato miglioramenti rispetto alla R2 come speravo. Non solo, ma il peso e il volume degli Art +MC-11 è gigantesco rispetto alle leggere ottiche Sony. Bisognerà quindi sperare in una nuova linea Sigma per ML oppure riconvertire tutto alle ottiche native Sony, ma un capolavoro come il 24-35mm Sony non lo farà mai!

A presto coi test dettagliati delle singole funzionalità!

NB Tutte le immagini sono state sviluppate con Capture One. Io uso di solito Lightroom, ma quando ho scritto questo articolo LR non supportava ancora la A7RIII, mentre gli amici di Capture One erano stati più rapidi 😉

Consegnata la nostra nuovissima Sony A7 R III

Oggi ho avuto il piacere di essere uno dei primi in Italia a ricevere la consegna della nuovissima Sony A7 R III che si affiancherà alla A7 liscia e alla A7R II che già possiedo.

Pubblicherò presto un articolo con le prime impressioni e poi ci divertiremo ad approfondire le questioni riguardanti la sua performance e il confronto con le precedenti versioni

Recupero Alte Luci: Sony A7R II vs Nikon D800E

La Nikon D800E e la Sony A7R II sono note per possedere due dei più avanzati sensori in termine di qualità dell’immagine (non di velocità).

Di entrambe si lodano le abilità di recupero delle ombre senza creare Banding o eccessivo Noise. Ma poco si dice sul recupero delle alte luci, dove si dà per scontato che non ci sia mai molto da fare. Quando la pixel-cell è stata saturata di fotoni non si avrà più la possibilità di “modulare” il segnale, mentre sul lato ombre, basta che sia entrato anche un solo fotone e in teoria si potrà amplificare il segnale quanto si vuole.

Fin qui la teoria, ma in pratica le cose stanno veramente così?

Ho voluto mettere a confronto la D800E e la Sony A7R II sul terreno del recupero delle alte luci.

Ho deciso di equalizzare il più possibile le condizioni di ripresa, quindi ho scattato in manuale, con ISO fisso su 100 e con lo stesso obiettivo: per l’occasione un Micro Nikkor 55mm f/2.8 AIS, usato a tutta apertura per evitare qualsiasi interferenza delle camere. Sulla Sony A7R II ovviamente ho usato un adattatore Nikon-to-E mount.

Ho quindi scattato una serie di 5 scatti per ogni macchina, partendo dalle condizioni che la Nikon D800E mi segnava come esposizione corretta e cioè:

ISO100

1/3200″

f/2.8

per passare poi a 1/6000″, 1/800″, 1/400″ e 1/200″

Ho poi importato in Lightroom i NEF. Come profilo di importazione ho usato Adobe Standard per entrambe le camere. Queste sono le foto importate senza nessuna modifica:A questo punto a ciascuna foto sovraesposta ho ridotto l’Exp di una quantità pari alla sovraesposizione. E ho ottenuto questa serie:Si vede che entrambe le camere offrono un ottimo risultato fino a EV+3, ma a EV+4 il recupero della Nikon è molto limitato, mentre la Sony A7R II sembra recuperare di più, anche se non totalmente.

Andiamo a vedere dunque le due foto a EV+4 col recupero dell’esposizione:Si nota che la Sony A7R II è in grado di recuperare l’informazione cromatica su un più ampio spettro di esposizioni. E infatti se andiamo ad analizzare un crop con un elemento nella zona di transizione (l’antenna sul tetto della casa), vediamo che la differenza tra le due immagini è molto elevata dato che la Sony A7R II ha recuperato completamente l’informazione, mentre la Nikon non è riuscita a recuperare la componente cromatica fermandosi al solo valore di luminanza. (NB: l’immagine Nikon non è a fuoco…il MF su una Reflex è sempre un terno al lotto, mentre sulla Sony A7R II, avendone il tempo, è impossibile sbagliare anche grazie al dolcissimo funzionamento dello stabilizzatore sul sensore).CONCLUSIONI

Entrambe le camere hanno prodotto risultati eccellenti, impensabili alcuni anni fa, ma il progetto più nuovo della Sony A7R II fa valere la sua tecnologia e si spinge un po’ più in là.

Analizzando i dati con maggiore dettaglio si può concludere che la Sony A7R II recupera le alte luci con un vantaggio di 2/3 di stop sulla Nikon D800E. Si tratta di un valore significativo, ma non al punto da essere un game-changer. Entrambe le fotocamere sono ormai pronte (o quasi pronte per la Sony) per essere aggiornate con la Nikon D850 in un caso e con una Sony un po’ più lontana nel tempo e ancora senza un nome conosciuto. Siamo curiosi di vedere che cosa sapranno fare in questo test, oltre che naturalmente in tutto il resto.