Avete aggiornato il firmware delle vostre lenti Sony E e FE?

Parlando con vari utenti Sony mi sono accorto che quasi nessuno è al corrente della possibilità di aggiornare il firmware dei loro obiettivi Sony E e FE.

Mentre gli aggiornamenti delle fotocamere sono ben conosciuti, invece i firmware degli obiettivi sembrano essere totalmente sconosciuti, eppure spesso sono altrettanto importanti per poter usufruire dei continui sviluppi prodotti da Sony. Senza l’aggiornamento degli obiettivi GM, per esempio, l’aggiornamento della Sony A9 è gravemente incompleto! 😯

Dunque, come si fa l’aggiornamento di un obiettivo Sony?

Per gli utenti italiani la pagina di riferimento sul sito Sony è questa

e ha questo aspetto:

 

 

Si deve dunque cliccare su Lenti e poi scegliere nel menu sottostante la lente che vogliamo aggiornare:

 

Clicchiamo per esempio sul 70-200 F/2.8 GM come nel mio caso e si apre questa pagina:

 

 

 

E’ importantissimo seguire con precisione il procedimento indicato che ha questo aspetto (mostro solo l’inizio di una lunga pagina)

 

 

 

ecc…

Il procedimento è molto simile a quello dell’aggiornamento del firmware della fotocamera. Bisogna seguire passo passo le istruzioni e alla fine spegnere la fotocamera, rimuovere la batterie, reinserirle e quindi riaccenderla.

La disponibilità degli aggiornamenti è concentrata sugli obiettivi GM e su alcuni G come per esempio lo zoom 70-200 f/4.

Nel mio caso, il mio zoom 70-200 f/2.8 GM era ancora fermo alla versione 01 mentre era già disponibile la versione 05. Adesso è aggiornato e sono curioso di provarlo per vedere quali differenze si sentono nella pratica.

Stabilizzazione by SONY

Le A7 mk2, La A7RIII e la A9 dispongono di un avanzato metodo di stabilizzazione sul sensore, chiamato IBIS (In Body Image Stabilization). Questo sensore è quindi in grado di muoversi e di compensare i movimenti indesiderati della fotocamera entro certi limiti.

Il sensore delle Sony offre stabilizzazione su movimenti in 5 assi (5-axis stabilization)

 

Vorrei chiarire alcuni concetti perchè ho visto non poca confusione su vari forum.

1. 5 assi e solo 3 dimensioni?

 

Innanzitutto ho visto persone non capire cosa vogliono dire 5 assi e addirittura fare ironia sul fatto che nel nostro universo ci sono solo 3 dimensioni per cui i 5 assi sarebbero un’invenzione del marketing. Non è così.

Infatti i 5 assi di cui si parla sono intorno al centro della fotocamera (Yaw, Pitch e Roll) mentre i rimanenti due sono le traslazioni sugli assi X e Y. Le traslazioni possono essere considerate a tutti gli effetti delle rotazioni intorno a un punto improprio e cioè un punto all’infinito sulla normale all’asse.

Quindi anche le traslazioni sono “rotazioni”

NB. Preferisco usare i termini inglesi Yaw e Pitch perchè sono di uso generale, comunque Yaw= Imbardata, Pitch=Beccheggio e Roll=Rollio. La figura sopra lascia capire meglio di 1000 parole che cosa vogliono dire.

2. Informazioni necessarie

Consideriamo attentamente i 5 movimenti da correggere: per tutti è necessario conoscere la lunghezza focale. Se l’obiettivo viene riconosciuto dalla fotocamera questa informazione viene resa disponibile automaticamente. Altrimenti la si potrà fornire tramite il menù, semplicemente Menu2, Pagina 4 “Steady Shot Settings”, inserire la lunghezza focale. Tutto qui, nessun dramma. Attenzione però: se non inseriamo la lunghezza focale manualmente, il sistema va di default sul valore più piccolo e cioè 8mm…molto poco utile di solito!

A questo punto le due traslazioni (cioè sull’asse X e Y) e il Roll sono soddisfatti e possono iniziare a lavorare, non hanno bisogno di conoscere la distanza di messa a fuoco perchè ruotano intorno a punti all’infinito (XeY) o nel movimento non cambiano l’angolo col soggetto (Roll).

Invece il Pitch e il Yaw hanno proprio bisogno di conoscere la distanza di messa a fuoco, ma siccome questa è solo disponibile con ottiche native o totalmente adattate, ne consegue che un’ottica che non è collegata elettricamente alla fotocamera sicuramente non potrà avere il funzionamento della stabilizzazione sui 5 assi: le mancherà proprio il Pitch e il Yaw.

3. Come va con le ottiche native

Sony dichiara un fattore di stabilizzazione pari a 4.5 per la A7RII e a 5.5 per la A7RIII. E’ molto difficile quantificare questi numeri, ma il funzionamento con ottiche native è sicuramente molto efficiente. Esistono però altre considerazioni da fare: l’aumento del tempo di esposizione non conduce a una perdita di efficacia graduale, sembra che ci sia proprio un gradino oltre il quale le immagini diventano inutilizzabili.

Esempio: Sony A7RIII + 70-200 f/2.8 GM usato a 200mm.

Ho ottenuto risultati positivi e ripetibili con tempi fino a 1/6″, ma passando a 1/5″ l’immagine diventa pessima. Quindi per questa combinazione macchina + ottica, il limite utilizzabile è 1/6″ . Non ho ancora condotto test su altre ottiche o focali diverse dello stesso zoom, ma l’impressione è che in ogni situazione ci sia proprio un gradino, oltre il quale la resa della stabilizzazione subisce un degrado netto.

Comunque sulle ottiche native l’efficacia di questo sistema IBIS è altissima, anche se non sono in grado di quantificarla e di fare dei confronti tra varie ottiche oppure con le reflex.

4. Come va con le ottiche non native

Parliamo delle ottiche che non comunicano con la fotocamera, prendiamo per esempio lo Zeiss APO 135mm f/2. E’ uno dei migliori obiettivi mai prodotti, ma non è stabilizzato ed è MF (Manual Focus) . Ora, uno dei grandi vantaggi delle mirrorless è quello di poter focheggiare le ottiche MF con grandissima precisione ingrandendo l’immagine sul mirino, per esempio 7x o 13x. In questo modo, se il soggetto è statico la MaF (Messa a Fuoco) sarà sempre perfetta.

Tuttavia resta un problema per le focali lunghe: osservando l’immagine 13x nel mirino elettronico è come se si usasse una focale molto più lunga e se non si sta usando il cavalletto, l’immagine sarà molto mossa nel mirino rendendo difficile la MaF. Qui entra in gioco la stabilizzazione IBIS che consente di stabilizzare un obiettivo non stabilizzato non solo nello scatto, ma anche durante la MaF. L’effetto è drammatico, nel momento in cui si attiva stabilizzazione l’immagine cessa di vibrare e possiamo mettere a fuoco con tutta calma e precisione.

Naturalmente anche lo scatto si gioverà della stabilizzazione: ricordiamo però che saranno stabilizzati solo i movimenti sull’asse X e Y e il Roll. Yaw e Pitch non saranno stabilizzati perchè la fotocamera non dispone dell’informazione sulla distanza del soggetto. Non escludo però che ci sia comunque un intervento basato su una distanza di default.

Tornando al nostro Zeiss APO 135/2 ho trovato che si ottiene un’ottima stabilizzazione con tempi aumentati di 3.5x. Si tratta di un importante vantaggio rispetto all’uso dello stesso obiettivo su una reflex senza IBIS.

Un altro importante vantaggio delle mirrorless sulle reflex 😀

 

SONY FE 100mm f/2.8 STF GM OSS: la macchina della felicità

Esistono tantissimi obiettivi di tutte le marche e di tutti i tipi.

E poi esiste il Sony FE 100mm f/2.8. STF sta per Smooth Trans Focus

 

Che è totalmente differente perchè è …apodizzato! Dietro questo termine un po’ sospetto si nasconde la presenza di un elemento apodizzante nella sua costruzione ottica. Vediamo come è fatto.

 

Si vede che in corrispondenza del punto di fuoco si trova appunto l’elemento apodizzato che appare in blu. In pratica è un disco di vetro con spessore che decresce verso il centro. Questo disco è semi-opaco e più precisamente ha un’opacità massima pari a due stop. La sua funzione è quella di ammorbidire e di “distruggere” l’informazione dei raggi che passano nella sua periferia. E’ molto importante chiarire il termine “periferia”. Non si intende la periferia dell’immagine…not at all… si intendono i raggi che passano nella periferia dell’elemento apodizzante e cioè  i raggi che non sono a fuoco indipendentemente dal fatto se rappresentano un punto al centro o in periferia. Al centro dell’elemento apodizzante passano i raggi che sono a fuoco, che quindi non vengono modificati.

Questa costruzione consente di mantenere una straordinaria risoluzione per gli elementi a fuoco, accoppiata a una morbidezza “liquida” dei soggetti non a fuoco che non è confrontabile con nessun altro tipo di obiettivi esistenti. I grafici MTF sono eccellenti. Come vedremo questa lene è capace di riprodurre i dettagli più fini in qualsiasi punto del sensore, quindi anche alle estremità.

Sul mercato esistono solo due altri obiettivi apodizzati e cioè il Minolta 135m (che il diretto genitore di questo) e un Laowa 100mm f/2 che però non raggiunge risultati neppure confrontabili con questo Sony. Esiste anche il Fujinon XF 56mm F1.2 R per sensori APS che però presenta un effetto apodizzante limitatissimo e non confrontabile neppure esso col Sony.

 

Altre specifiche tecniche:

  • Peso e dimensioni sono molto contenuti, rispettivamente 700 g e 12 cm di lunghezza. Il vantaggio delle mirrorless esiste e non si discute anche se naturalmente le lenti non sono la metà delle reflex 😉
  • Diametro dei filtri 72mm.
  • 11 lamelle arrotondate
  • Stabilizzazione Steadyshot.
  • Questo obiettivo ha una particolarità molto interessante perchè possiede una modalità “quasi-macro” attivabile tramite una levetta. Nella modalità normale la distanza minima di messa a fuoco è di 0.85m con un rapporto di riproduzione (RR) pari a 0.14, mentre nella modalità “close-up” si mette a fuoco anche a 0.57m con un RR di 0.25. L’obiettivo non è quindi un vero macro ma si presta a riprodurre una grande varietà di soggetti a distanza ravvicinata dove il suo inimitabile bokeh fornisce risultati sorprendenti.

Parliamo adesso della luminosità effettiva dell’obiettivo che è un T/5.6. Che cosa vuol dire? Vuol dire che la luminosità effettiva è inferiore di 2 stop rispetto a quella geometrica che è f/2.8 per via dell’elemento apodizzante che assorbe appunto 2 stop. Però le altre proprietà ottiche restano quelle di un f/2.8 a cominciare dalla profondità di campo. Sulla macchina fotografica Sony ha scelto di mostrare il numero T invece del valore f perchè è di utilità pratica ai fini dell’esposizione. E anche sugli EXIF vengono mostrati i valori T quindi aprendo un’immagine fatta a TA su Lr per esempio, si vedrà f/5.6. In realtà è f/2.8 e T/5.6. Basta saperlo per evitare confusione.

Il fatto che l’elemento apodizzante assorba due stop è sicuramente uno svantaggio dal punto di vista dell’utilizzo in bassa luce, ma è un vantaggio dal punto di vista della qualità perchè è proporzionale all’effetto ottenuto. Il vecchio Minolta STF 135mm per esempio perdeva solo 1.5 stop di luce e infatti presenta un risultato meno intenso di questo nuovo 100mm

La costruzione meccanica e la qualità generale sono superbe: è un obiettivo della serie GM e lo dimostra!

Io ritengo particolarmente utile la presenza del bottone di blocco della messa a fuoco sul barilotto (che volendo può essere riprogrammato tramite il menu on-camera).

  • L’effetto apodizzante è particolarmente evidente in due situazioni: la presenza dei cerchi di luce fuori fuoco che vengono resi in un modo molto speciale e che rimangono circolari anche ai bordi dell’immagine (cioè non assumono la forma a nocciolo di oliva tipico di tutti gli obiettivi) e
  • la presenza di linee nella zona sfocata che vengono completamente assorbite senza lasciare “vestigia” come sulle lenti normali.

Passiamo adesso a vedere alcuni esempi, che ho pensato di raggruppare in 3 gruppi particolarmente indicati per questo obiettivo: 1. i punti-luce sfocati, 2. i ritratti e 3. le foto di piante e giardini

1. Punti luce sfocati

Come detto sopra i punti luce sfocati sono resi in un modo totalmente diverso dalle lenti normali perchè non hanno nessun fastidioso circoletto esterno e mantengono la forma circolare ovunque si trovino nel frame dell’immagine. Vediamo alcuni esempi che illustrano quanto detto.

Come sempre cliccate sull’immagine per vederla ingrandita. Tutte le foto sono a f/2.8 ossia t/5.6

 

 

La foto qui sopra mostra come sia realmente possibile esplorare nuove strade creative con questa lente e ottenere effetti unici.

 

 

 

2. Ritratti

Gentilmente si sono prestati i miei figli gemelli di 12 anni, col permesso anche di mia moglie.

 

 

Nell’immagine qui sopra la resa dello sfocato consente di ottenere un forte effetto 3D, in cui lo sfondo viene “fuso” ma mantiene una certa leggibilità. Per ottenere uno sfocato simile a questo con una lente tradizionale sarebbe necessario aprire almeno a f/2 su un 100mm il che comporterebbe la perdita totale di qualsiasi leggibilità dello sfondo. Questo è un altro vantaggio molto importante.

L’immagine sotto propone un ritratto in notturna. In questo caso lo sfondo era molto lontano e non mostra dettagli, ma il gioco di luci è molto piacevole e sorprendente.

 

 

L’intensità dello sfocato si gioca realmente con la distanza dal soggetto principale. Nella foto qui sotto ho scelto di avvicinarmi molto al soggetto. Lo sfondo si è quindi completamente fuso e si vede a stento che c’è un ponte veneziano dietro. Ovviamente avrei potuto chiudere un po’ il diaframma o allontanarmi dal soggetto se avessi voluto mantenere più dettagli del ponte, ma in questo caso volevo evidenziare solo il soggetto e avere solo un leggero movimento sullo sfondo. La risoluzione sulle ciglia è ai massimi livelli e sfrutta appieno i 42Mpx della Sony A7R III.

 

 

Passiamo a Nicole, la gemellina di Giorgio:

 

 

Qui sotto Miss Nicole cominciava a essere irritata per la lunga seduta di foto… e si vede!

 

 

Il taglio dell’inquadratura e quindi la distanza dal soggetto influisce sulla resa dello sfocato, cosa che succede con tutti gli obiettivi ma che con il 100mm STF è particolarmente importante perchè governa totalmente la qualità e il risultato dell’immagine prodotta.

Vediamo adesso due ritratti in B&W:

 

 

 

Notate la morbidezza delle sfumature di grigio che danno un aspetto perlato alla pelle della bambina.

3. Piante e giardini

Questo tipo di soggetto offre una grande varietà di possibilità creativa che esaltano le capacità di un obiettivo: colori, sfumature e naturalmente il famoso bokeh.

La prima immagine è semplicissima ma è anche molto speciale perchè non avrebbe potuto essere realizzata con nessun’altra lente. Non solo per lo sfocato morbidissimo, ma per quella perfetta “palla di luce” che si incastra nel rametto della magnolia del mio giardino. Trovo che sia particolarmente gradevole il fatto che il contorno del cerchio sia così ben definito. Ho foto simili dove non è così definito e devo ancora capire quali sono le variabili che lo rendono tale. Ho pensato che fosse l’uso della posizione “macro” di cui ho parlato all’inizio, ma ho già potuto escludere questa ipotesi.

 

 

 

I colori saturi  del pomeriggio avanzato vengono resi bene dallo sfocato liquido dello sfondo.

 

 

Naturalmente anche i colori tenui e delicati vengono resi bene come si vede qui sotto. Lo sfondo rosa è dato dalle foglie rosse dell’autunno.

 

 

Foglia rossa con moschina 😉

 

 

Qui sotto vediamo colori saturi combinati con la sfondo delicato e sfocato

 

 

 

 

Eccoci alla fine di questa lunga carrellata su questo SONY 100mm STF.

Come si vede dalle foto anche le aberrazioni cromatiche (laterale e assiale) sono ridottissime, naturalmente quella laterale viene eliminata comunque dal software (Lr, C1, RT, ecc). Resistenza al flare e al controluce: non ho caricato esempi ma anche qui il comportamento è ottimo.

L’unica limitazione sta proprio nel suo punto di forza e cioè nei due stop di luminosità che l’elemento apodizzante si mangia, d’altronde l’effetto “meraviglia” di questo tipo di lente è proprio proporzionale all’opacità del filtro, quindi un obiettivo apodizzante che avesse per esempio 1 solo stop di assorbimento sarebbe meno efficace nel creare il magico bokeh che è la sua vera ragione d’essere .

Per finire: suppongo che non debba spiegare il titolo, la felicità che dà l’uso di questa lente è veramente unica!

Come pulire il sensore della Sony mirrorless: un importante piccolo segreto!

Le Sony A7 e A9 hanno un sensore che è abbastanza facile pulire perchè 1. non c’è lo specchio e 2. il sensore non è nascosto in una caverna profonda ma sta bello a disposizione. Si possono usare i soliti metodi di pulizia. Io mi trovo bene con una lente 30x che appoggio al bocchettone della macchina e che mi consente di rilevare in real-time anche le più piccole tracce di polvere che posso quindi rimuovere senza scattare ogni volta una foto di controllo. Io uso pennellini speciali da caricare elettrostaticamente e i soliti “stick” avvolti nei panni Pec-Pad.

C’è però un importante elemento da considerare: il sensore delle nuove A7 e A9 è stabilizzato e quindi non è fisso. Nel momento in cui andiamo a toccare il sensore questo si muove pericolosamente. La calibrazione del sensore ha una precisione di micron o decimi di micron e una sua perdita di allineamento sarebbe catastrofica.

Fortunatamente esiste un metodo (scoperto per caso) per tenere fermo il sensore: si deve andare sul menu, far partire la pulizia tramite il vibratore del sensore e poi NON SPEGNERE LA MACCHINA. Infatti finché non viene spenta il sensore resta bloccato e non si muove. In questo modo si possono fare le pulizie in sicurezza. Finite le pulizie, si spegne e si riaccende la macchina.

Nota Bene: non mi assumo nessuna responsabilità sulle vostre macchine. Io uso questo metodo, non lo consiglio a nessuno 😉

Nuovo software per la sintesi dei file Pixel Shift

Da oggi è disponibile la versione beta di SonyPixelShift2DNG che è stata sviluppata da Iliah Borg, conoscitore profondo di sensori e della tecnologia che ci sta dietro.

E’ molto interessante per questi motivi:

  1. è la prima alternativa disponibile a Imaging Edge, di cui ho parlato qui e qui, programma proprietario Sony, fatto bene, ma lento e limitato come editing
  2. consente un flusso di lavoro molto interessante perchè produce un file DNG (assemblato dalle 4 foto-base) che può essere aperto direttamente il LR o Capture One, saltando così il passaggio per il file ARQ che è visto solo da Raw Therapy e Rawdigger oppure la produzione diretta in Imaging Edge di un file Tiff che comunque limita le successive lavorazioni
  3. ho scambiato alcuni email con Iliah e ed è estremamente motivato a risolvere eventuali teething problems con l’aiuto degli utenti.

Purtroppo manca il trattamento automatico delle zone mosse che invece è presente su Raw Therapy e questo può essere un fattore limitante al suo uso, ma conoscendo Iliah non mi stupirei se lo introducesse anche sul suo software.

Pixel-Shift: nuovo metodo per eliminare IN AUTOMATICO il movimento tra gli scatti. Spiegato step by step

La Sony A7R III ha portato una grande novità: la possibilità di scattare in modalità Pixel Shift (PS per semplicità). In sostanza si tratta di spostare il sensore intorno ai 4 pixel di base e riprendere un’immagine per ognuna di questa 4 posizioni. Lo scopo è quello di eliminare le limitazioni della matrice di Bayer. Ne ho parlato in questo articolo di ultraSONY.it

Questo metodo fornisce risultati di grande interesse, ma presenta una grossa limitazione: va in tilt se un soggetto presente nella foto si muove “tra uno scatto e l’altro”. L’immagine finale appare retinata e inservibile.

Attenzione “tra uno scatto e l’altro” non vuol dire “durante lo scatto”: ho visto persone preparate cadere in questo trabocchetto. Non parliamo di foto “mosse” ma di 4 foto che devono essere assolutamente congruenti affinché si possa ricostruire l’informazione cromatica corretta. E’ chiaro che se, oltre a esserci movimento “tra” gli scatti, ce ne fosse anche “durante“…beh …è meglio buttar via la serie e ricominciare!

Nei primi mesi dopo il lancio della Sony A7R III avevo sviluppato un sistema che consisteva in sostanza di mascherare le zone “mosse” con una delle 4 immagini di base della serie. Questo lavoro andava fatto “a mano” e l’avevo descritto su un altro forum a cui collaboravo all’epoca. Era un lavoro molto tedioso e richiedeva tempo e precisione, ma…

…oggi tutto questo non è più necessario. Si può procedere con un metodo automatico, molto più veloce e preciso, lavorando un nuovo tipo di file che ha terminazione .ARQ

Procedimento di sintesi delle 4 immagini-base

A tutt’oggi esiste un solo software in grado di sintetizzare le 4 immagini-base in una nuova “super-immagine”. Questo software si chiama Imaging Edge ed è proprietario di Sony. Può essere scaricato qui  Non serve solo per il Pixel Shift, ma per qualsiasi immagine ottenuta da una fotocamera Sony. E’ molto lento, ma sui RAW riproduce colori e luminosità uguali ai  preset on-camera per i Jpeg.

Dopo aver ottenuto le 4 immagini-base, andremo su Imaging Edge (IE). Vediamo che i file-base di una serie-PS hanno un suffisso 1,2,3,4 per contraddistinguere le 4 riprese di base e hanno anche una piccolissima icona che simbolizza la matrice di Bayer. Ora è sufficiente fare un right-click su una qualsiasi di queste 4 immagini e il software automaticamente le riconosce tutte e 4 e apre un menu di contesto con varie opzioni tra cui quella di creare e editare l’immagine composita

 

 

Se clicchiamo su questa opzione si aprirà un altro Modulo di IE che si chiama Edit e qui si formerà (lentamente) l’immagine composita:

 

Eliminazione del movimento

Vediamo che c’è stato del movimento tra uno scatto e l’altro, il che si traduce in zone retinate che rendono l’immagine inservibile. Ma non buttiamola via, esiste una cura!

Su Raw Therapy, in generale, a questo punto possiamo fare 3 cose con questa immagine:

  1. editarla con dei semplici comandi sul lato destro
  2. esportare la super-immagine come normale TIF o JPEG (ma Imaging Edge aggiunge uno sharpening eccessivo)
  3. salvarla come file ARQ

L’ultima opzione è la più interessante: si tratta di un vero RAW (ma 4 volte più pesante) che ci consente di lavorare in ambienti esterni a Imaging Edge, possibilmente più sofisticati. Purtroppo nè ACR/Lr nè Capture One aprono questo tipo di file. I due software in grado di leggerlo sono Raw Therapy (RT) e Rawdigger. Il primo è gratuito e possiede anche una modalità automatica interessantissima di rimozione del movimento.

Per prima cosa dobbiamo attivare la “Motion Correction” e far apparire la maschera delle zone da correggere, consiglio di selezionare esattamente le opzioni come dalla seguente schermata:

La maschera verde indica appunto le zone da correggere. Ne possiamo regolare il Raggio, la transizione e l’adattamento ISO. Provate coi valori che ho riportato per iniziare.

La seconda opzione è molto interessante, perchè consente di selezionare l’immagine donatrice che può essere una qualsiasi delle 4. L’opzione “Equalize brightness…” è fondamentale per eliminare piccole zone non corrette sparse qua e là. Alcuni commentatori hanno bocciato la correzione automatica di RT perchè non si sono accorti dell’esistenza e utilità di questa opzione.

Non mi dilungo sul significato delle altre opzioni, ma consiglio di spuntare le opzioni come indicato.

A questo punto possiamo togliere la maschera e vedere il risultato:

Come si vede tutte le zone interessate al movimento sono state risolte con precisione e senza lasciare aloni o artefatti. Naturalmente in queste zone non ci sarà la super-risoluzione, ma normalmente si tratta di piccole zone rispetto al totale dell’immagine e di solito non “fondamentali”. Penso ad esempio a “piccole” persone che camminano in un ampio paesaggio o a foglie che si muovono col vento o ancora a nuvole in una giornata ventosa. Oppure il mare…che si muove anche di notte e non sta fermo mai 

Conclusioni

Il metodo descritto consente di eliminare “la” principale limitazione del Pixel Shift. In questo modo si estende l’utilità di questa potente funzionalità anche ai paesaggi (naturali e urbani) e alle macro in ambiente naturale. Da adesso il Pixel Shift non è più limitato alle sole foto di studio…o a panorami in zone deserte senza acque e senza vento 😉

 

In memoria di Renato Acri

Milano, 1977. Esco di corsa dal Politecnico dopo l’ultima esercitazione di “Analisi Matematica 3”. La strada per Como è lunga, ma “devo” passare al negozio della Metro, subito all’angolo di Piazza Leonardo da Vinci. E’ un negozio di fotografia “low-cost” e tutti gli studenti squattrinati e appassionati di fotografia di Milano si ritrovano lì prima di tornare a casa. E’ qui che sognavamo coi pacchi di carta da stampa sugli scaffali e un vago odore di solfati e solfiti nell’aria.

Solo che io ero un po’ diverso… perchè la mia passione fin da allora era il colore e la stampa a colori. Tutta colpa del grande Renato Acri.

Ma chi era Renato Acri? Era un redattore di Tutti Fotografi, mitica rivista di quegli anni senza Internet, diretta dalla famiglia Namias. Renato si occupava di una rubrica che si chiamava “Tuttocolore”, dove divulgava il verbo del colore in epoca analogica. Provava le pellicole, le carte di stampa e soprattutto forniva le ricette per i vari sviluppatori basati su reagenti della “Chimica Ornano” piccola ditta chimica situata alle porte di Milano che forniva prodotti chimici per la fotografia,  oltre a quelli già formulati, sostitutivi dei “carissimi” originali Kodak e Agfa.

Renato era un mito, la sua conoscenza era infinita e ha trascinato “Many a poor boy” sulla strada del vizio fotografico a colori 😉  Ma soprattutto aveva uno spirito di una leggerezza incredibile, scherzava sempre col suo sense of humour splendidamente napoletano. Era un signore che ci elargiva il suo sapere con affetto e intelligenza.

[Piccolo OT: Il suo stile coltissimo e leggero mi ricorda un altro grandissimo (e troppo poco conosciuto) e cioè Carlo Laurenzi, saggista elbano della Stampa, poi del Corriere e infine del Giornale dove si occupava di critica cinematografica]. Penso che oggi questo stile leggero e pieno di umorismo non si usi più  o forse nessuno è capace di produrlo…

Se io sono qui, se sono diventato stampatore di professione (ormai solo digitale) lo devo soprattutto a Renato.

A lui devo le lunghe notti passate in cucina, con mia mamma che si alzava ogni ora per vedere “se stavo bene”, a stampare col mio Durst a testa a colori dicroica e a sviluppare le stampe con uno stranissimo aggeggio che era la sviluppatrice per carta a colori termostatata. Mi ricordo che quando avevo finito dovevo lavare tutto e lasciare tutto in ordine. Ed erano sempre le 2 di notte. Alle sei mi sarei alzato di nuovo per prendere il treno della Nord e andare di nuovo a lezione al Poli.

E’ un miracolo che sia riuscito a finire l’Università ancora vivo 😉

Renato morì alcuni anni fa. Tuttifotografi fece una pessima figura perchè liquidò la sua morte con un titolino “Arrivederci Renato Acri”. Così, senza testo. Mi ero perfino chiesto se era andato in pensione o se era morto. Quando seppi che era morto, dalla rabbia cancellai l’abbonamento che ancora pagavo come forma di riconoscenza per gli anni lontani.

Renato, ti ho sempre voluto bene anche se allora non lo sapevo.

Un saluto al più grande “tuttocolorista” di sempre, così, col termine che avevi inventato tu.

Ossessione (1943)

Ossessione è il titolo di un film di Luchino Visconti del 1943, tratto dal romanzo “Il postino suona sempre due volte”.

Cosa c’entra con la fotografia?

 

Per molti fotografi la passione per il “materiale” fotografico è altrettanto forte della passione per la fotografia in sè. E’ un’ossessione, appunto. Molti trovano che sia sbagliato, ma questa critica mi fa sorridere…tutto quello che ci dà felicità e che non urta i 7 peccati capitali, fa bene al cuore e all’anima.

Certo è che la voglia di capire, di scoprire gli ultimi sviluppi tecnologici, di criticare e auspicare i nuovi sviluppi è molto forte in tantissimi appassionati. Certe volte mi chiedo se questo possa in qualche modo compromettere la nostra reale produzione fotografica. Ci penso spesso, ma in questo momento la mia risposta più accreditata è che sono due cose separate: le due passioni/ossessioni  non si aiutano, non si ostacolano e non hanno molte interazioni.

Io non voglio guarire da questa ossessione, ma volendolo, come si può fare? uccidere il marito dell’amante come nel film non aiuta…direi che la cosa più importante da fare è ammettere di essere colpiti da questa sindrome e non negarla come fa il 90% dei “soggetti colpiti”…dopo di che…si potrà vivere felicemente ossessionati.